Iniziamo con un avvertimento rivolto ai lettori: questo articolo contiene argomenti controintuitivi! Premessa che peraltro si addice a qualsivoglia tentativo di fornire chiarimenti sulle stranezze del mondo dei quanti, che rappresenterà il nostro contesto di riferimento. Ci sembra quindi opportuno fornire per prima cosa una mappa concettuale come aiuto alla fruizione del testo. La prima coordinata utile è la seguente: diversamente da ciò che osserviamo alla nostra scala macroscopica, dove un corpo non è grado di superare un muro se non è in possesso di una energia sufficiente a sfondarlo, le particelle subatomiche, quali che siano le loro proprietà, hanno sempre probabilità non nulla di attraversare come fantasmi un ostacolo, che nel loro caso potrebbe presentarsi nelle vesti di una barriera di potenziale di carica elettrica. Questo fenomeno va sotto il nome di “effetto tunnel”. Il secondo e principale punto che è opportuno esporre ai nostri fini riguarda invece una delle ipotesi nate in seno alla meccanica quantistica che prevede, sempre sfidando la nostra esperienza comune, l’esistenza di monopoli magnetici, ovvero di particelle portatrici di una carica magnetica netta positiva o negativa.
A dare la caccia a simili particelle sono esperimenti come Moedal (Monopole and Exotics Detector at Lhc), rivelatore ospitato in uno dei punti di collisione del Large Hadron Collider del Cern. L’approccio che Moedal ha adottato nella sua ultima ricerca circa il meccanismo di produzione dei monopoli apre una nuova via di indagine in questo campo. La collaborazione responsabile dell’esperimento, a cui l’Infn contribuisce, in un articolo apparso martedì 2 febbraio sulla rivista Nature, ha infatti fissato per la prima volta un limite inferiore per la massa dei monopoli magnetici adottando un approccio originale. Il risultato è stato ottenuto analizzando i dati raccolti nel corso di una campagna sperimentale che, nel novembre del 2018, ha preso in esame le collisioni di alta energia tra ioni di piombo, le quali hanno reso possibile produrre i più intensi campi magnetici esistenti in natura.
La prima descrizione coerente dei monopoli magnetici può essere attribuita a Paul Dirac, padre illustre della meccanica quantistica: tra i primi, nella prima metà del Novecento, a sostenere l’esistenza di una particella con carica magnetica isolata, mostrando come, in un simile scenario la carica elettrica risulti naturalmente quantizzata. Tornati in auge nel recente passato, i monopoli magnetici compaiono come soluzioni dei modelli volti a trovare una descrizione unificata delle forze fondamentali della natura. In aggiunta a ciò, l’evoluzione di queste teorie ha consentito di ipotizzare valori di massa man mano inferiori per i monopoli magnetici dotati di una struttura interna, la cui possibile produzione e osservazione è diventata così accessibile alle energie raggiunte dai grandi acceleratori di particelle.
Sebbene alimenti le speranze dei fisici di riuscire a ottenere le prove dell’esistenza dei monopoli, la teoria non è in grado di fornire indicazioni sulla probabilità di una loro produzione nel contesto delle collisioni di alta energia tra particelle elementari come quelle che si verificano a Lhc. Gli strumenti impiegati per prevedere l’esito delle collisioni (“teoria perturbativa”) non possono infatti essere impiegati nel caso dei monopoli a causa della loro grande carica magnetica. “Nel tentativo di risolvere queste difficoltà, la collaborazione Moedal ha impiegato un nuovo approccio, basato sull’analogo per cariche magnetiche del cosiddetto ‘meccanismo di Schwinger’, secondo cui la presenza di un forte campo elettrico darebbe luogo alla creazione di coppie di particelle antiparticelle attraverso l’effetto tunnel. I calcoli teorici dimostrano infatti che in presenza di un campo magnetico sufficientemente intenso, un simile meccanismo può dare luogo alla produzione di coppie monopolo-antimonopolo.”, illustra Laura Patrizii, ricercatrice della sezione Infn di Bologna e vice-coordinatrice di Moedal.
Collocato in prossimità del punto di collisione dell’esperimento Lhcb, Moedal è composto da due sistemi indipendenti di rivelatori passivi: blocchi di alluminio, dal peso complessivo di 0,8 tonnellate, che fungono da trappole magnetiche, e da circa 20 metri quadrati di moduli di rivelatori di tracce nucleari (rivelatore a tracce), realizzati sovrapponendo diversi strati di materiale plastico, i cui legami molecolari possono essere rotti dal passaggio di una carica magnetica. Il danno così prodotto può essere amplificato e reso visibile al microscopio ottico. Il passaggio del monopolo si manifesta come una sequenza di buchi conici micrometrici, molto regolari, allineati nei diversi strati. L’Infn contribuisce all’esperimento attraverso il gruppo della sezione di Bologna, responsabile del rivelatore a tracce (installazione, calibrazione, analisi dati) e della stima della perdita di energia dei monopoli nell’alluminio e negli altri materiali.
Nel novembre 2018, appena prima che Lhc venisse spento per l’attuale fase di manutenzione e aggiornamento, la collaborazione Moedal ha esposto i blocchi di alluminio dell’esperimento agli eventi prodotti dalle collisioni tra ioni di piombo, che hanno sostituito in questa fase i protoni usualmente accelerati da Lhc. Ciò ha consentito di generare i più forti campi magnetici esistenti nell’universo, centinaia di volte più intensi di quelli osservati sulla superficie delle magnetar, stelle di neutroni in veloce rotazione, fornendo i presupposti ideali per la produzione dei monopoli secondo il meccanismo di Schwinger.
“Al termine della campagna sperimentale”, spiega Zouleikha Sahnoun, ricercatrice della sezione di Bologna e componente della collaborazione Moedal, “i blocchi di alluminio di Moedal sono stati analizzati singolarmente utilizzando un magnetometro in grado di identificare eventuali cariche magnetiche intrappolate al loro interno. L’interpretazione dei risultati ottenuti ha permesso di fissare per la prima volta un limite inferiore sulla massa dei monopoli magnetici nell’ambito di un quadro teorico di riferimento che prevede una dimensione finita per queste ipotetiche particelle”.
Moedal sta estendendo l’analisi appena pubblicata al rivelatore nucleare a tracce e conta di aumentare la sensibilità dell’esperimento a monopoli più pesanti e con carica magnetica superiore. “Per questo scopo sta installando nuovi rivelatori di tracce nucleari e ‘trappole’ magnetiche, in preparazione delle nuove collisioni a Lhc”, conclude Laura Patrizii.
I recenti risultati di Moedal potrebbero perciò rappresentare il primo passo verso la scoperta di monopoli magnetici, confermando l’ennesima stranezza del modo di manifestarsi del mondo subatomico. [Matteo Massicci]