Se nella nostra percezione e nel linguaggio comune il “vuoto” assume una definizione intuitivamente afferrabile di spazio privo di qualsivoglia entità, all’interno della fisica contemporanea esso costituisce un determinante oggetto d’indagine, in quanto contraddistinto, secondo la descrizione che ne fa la meccanica quantistica, da una propria energia e da fluttuazioni dovute alla continua generazione e scomparsa di particelle. Lo studio di questo incessante sobbollire del vuoto quantistico, e la misura delle sue conseguenti interazioni con gli oggetti macroscopici, saranno gli obiettivi dell’esperimento Archimedes, inaugurato lo scorso 18 settembre nel laboratorio Sar-Grav, infrastruttura di ricerca situata nell’ex miniera metallifera di Sos-Enattos, nel comune di Lula (Nuoro). Frutto di una collaborazione guidata dall’Infn, cui partecipano Federico II di Napoli, Sapienza di Roma, l’Università di Sassari, lo European Gravitational Observatory (Ego), l’Istituto Nazionale di Ottica del Cnr (Cnr-Ino) e il Centro di fisica teorica dell’Università di Marsiglia (Francia), Archimedes tenterà di determinare con precisione la possibile influenza delle fluttuazioni del vuoto quantistico sul campo gravitazionale e perciò sul peso dei corpi, informazioni che potrebbero contribuire a fare luce sulle proprietà della misteriosa energia oscura. Grazie alla sua estrema sensibilità, necessaria per perseguire un simile scopo, l’esperimento fornirà inoltre dati utili alla ricostruzione dettagliata del profilo del rumore sismico e antropico del complesso di Sos Enattos, candidato dall’Italia a ospitare l’interferometro gravitazionale di prossima generazione Einstein Telescope.
Con il termine horror vacui, letteralmente paura del vuoto, si fa ancora oggi riferimento all’atteggiamento epistemico, di origine aristotelica, che pone come principio fondante della propria speculazione l’assunzione della natura continua dell’universo, che viene così a configurarsi come spazio privo di salti e, pertanto, di vuoto. Per lungo tempo dominante all’interno della fisica, nel 1900, tale posizione vacillerà, per poi crollare, di fronte alle previsioni e alle conferme sperimentali della meccanica quantistica, che individuerà nel discreto e nelle bizzarrie dei fenomeni subatomici la cifra costitutiva della realtà, sancendo la vittoria dell’opposto approccio filosofico risalente a Democrito e alla sua disciplina atomica. Alla luce di tali considerazioni, non sorprende quindi che, insieme alla ridefinizione dell’universo su base discontinua, la teoria dei quanti contribuirà anche alla riabilitazione del concetto di vuoto, riconoscendo a quest’ultimo una propria dignità fisica. Tra le esigenze poste dai risultati contenuti nei primi lavori che tenteranno di descrivere il comportamento del mondo quantistico, vi sarà infatti quella di riconcepire il vuoto non più come assenza, ma come spazio contraddistinto da un’energia minima (energie di vuoto) associata alla continua generazione e distruzione di particelle a seguito della loro annichilazione.
Descritta nell’ambito della teoria quantistica dei campi, l’energia di vuoto emerge come conseguenza diretta del principio di indeterminazione di Heisenberg, che stabilisce l’impossibilità di conoscere contemporaneamente la velocità e la posizione di una particella: ipotizzando una regione di spazio priva di ogni particella, la posizione delle quali dovrebbe esserci nota, non potremmo determinare la loro quantità di moto e di conseguenza l’energia presente in quello stesso spazio, e neanche affermare che possieda energia nulla. Da ciò deriva la necessità di fissare un’energia di punto zero, l’esistenza del quale può essere appurata osservando l’azione da esso esercitata su oggetti macroscopici. Tra questi, il fenomeno noto come effetto Casimir, che ipotizza come l’energia debba manifestarsi come pressione attrattiva nel caso di due lastre di metallo parallele e leggermente distanziate poste all’interno di un ambiente in cui è stato creato il vuoto. Il fenomeno, verificato sperimentalmente nel 1996, è il risultato dell’alterazione dell’energia di punto zero nell’area di separazione tra le lastre dovuta alle proprietà conduttive dei metalli, che consentono la presenza delle sole onde elettromagnetiche con determinati numeri di lunghezze d’onda. A seguito dello sbilanciamento, l’energia di vuoto circostante eserciterà quindi una pressione sulle facce esterne delle lastre, le quali saranno spinte l’una verso l’altra.
In linea teorica, la creazione di un oggetto con caratteristiche e composizione tali da favorire al suo interno l’alterazione energetica tipica dell’effetto Casimir, potrebbe perciò consentire di verificare se la pressione indotta dall’energia di vuoto possa contribuire al suo peso. Proprio questa è la strategia impiegata da Archimedes, il quale utilizzerà per le sue misure due campioni composti da circa un milione di strati e realizzati con un materiale metallico, denominato YBCO, che acquisisce proprietà superconduttive a 92 K (-181 °C). Grazie a tali caratteristiche, l’energia di vuoto nei microscopici interstizi presenti all’interno dei campioni risulterà più bassa rispetto a quella esterna a temperatura vicine o inferiori a quella di transizione. Variando tramite irraggiamento la temperatura dei due campioni, entrambi del diametro di 10 cm e con uno spessore di 3 mm, Archimedes potrà così individuare eventuali variazioni del loro peso dovute all’espulsione di energia di vuoto e studiare di conseguenza le interazioni tra fluttuazioni quantistiche e gravità, in un contesto analogo a quello rappresentato da un corpo immerso in un fluido e descritto dal principio di Archimede. “L’esperimento”, commenta Enrico Calloni, ricercatore della sezione Infn di Napoli e responsabile nazionale di Archimedes, “si chiama Archimedes proprio perché, un poco poeticamente, si può sostenere che un corpo, immerso nel vuoto, riceve una spinta dal basso verso l’alto pari al peso del vuoto quantistico spostato”.
Al fine di individuare le piccole variazioni di peso prodotte dalle fluttuazioni quantistiche, Archimedes si avvarrà di una bilancia estremamente sensibile sviluppata e realizzata dai ricercatori della sezione dell’Infn di Napoli, ai bracci della quale verranno appesi i due campioni di test delle misure. “Sebbene l’energia di vuoto sia infinita, le variazioni che riusciamo ad ottenere sono così piccole che è stato necessario costruire una bilancia estremamente precisa per rilevare la conseguente variazione di peso”, precisa Enrico Calloni.
Altrettanto determinante sarà il ruolo svolto dalle strategie criogeniche adottate in Archimedes e sviluppate nella sezione di Roma 1 dell’Infn. “Queste strategie”, spiega Paola Puppo, ricercatrice Infn responsabile del gruppo di Roma 1 impegnato in Archimedes, “sono importantissime sia per la realizzazione della variazione della temperatura dei campioni attraverso il solo irraggiamento, che per la realizzazione del criostato, all’interno del quale è posto l’apparato di misura. Il criostato è costituito da tre camere di acciaio: una, da 5 tonnellate, in cui sarà creato il vuoto sperimentale e una seconda contenente 4000 litri di azoto liquido, isolata dall’esterno dalla terza camera, chiamata per l’appunto camera di isolamento”.
Ulteriore fattore a garanzia dell’accuratezza delle misure effettuate da Archimedes sarà infine rappresentato dalle peculiari caratteristiche del laboratorio che ospita l’esperimento, Sar-Grav, scelto per il bassissimo rumore sismico dell’area in cui è situato, non a caso indicata dall’Italia anche come possibile sede del futuro interferometro per la rivelazione di onde gravitazionali Einstein Telescope. Nato nell’ambito di un accordo di programma tra la Regione Sardegna, Università di Sassari, Infn, Ingv e Università di Cagliari, Sar-Grav è una infrastruttura dedicata alla ricerca di base nel campo della rivelazione delle onde gravitazionali, della fisica della gravitazione, della geofisica e sue applicazioni. Attualmente, oltre ad Archimedes, Sar-Grav ospita molte delle intense attività di caratterizzazione sismica volte a dimostrare come Sos Enattos rappresenti il sito ideale per le future osservazioni di Et. Compito a cui contribuirà, grazie alla sua estrema sensibilità, anche Archimedes, fornendo informazioni sulle interferenze che potrebbero compromettere la futura ricerca delle onde gravitazionali.
In conclusione, Archimedes potrebbe essere in grado di fare luce sull’effettiva importanza delle interazioni delle fluttuazioni quantistiche associate all’energia di punto zero sul peso della materia, sia ordinaria che oscura, individuando eventuali anomalie che potrebbero fornire informazioni sulle proprietà dell’energia oscura, la misteriosa componente che costituisce oltre il 68 per cento dell’intera energia dell’universo, e sui meccanismi alla base dell’espansione accelerazione del cosmo a essa attribuibili. Insomma, Archimedes andrà alla scoperta del mondo all’interfaccia tra l’universo macroscopico e il vuoto fisico, spazio quest’ultimo tutt’altro che privo di sorprese, ma molto affascinante e niente affatto pauroso. [Matteo Massicci]