teoria delle stringhe

  • 50 anni di teoria delle stringhe

    A2 a Jean Francois Colonna Cinquanta anni fa, nel 1968 un giovane fisico teorico italiano pubblicò un articolo che si sarebbe rivelato di enorme importanza per la fisica teorica aprendo la strada allo sviluppo dell’affascinante teoria delle stringhe. Il lavoro firmato da Gabriele Veneziano, oggi uno dei massimi fisici teorici al mondo, proponeva un’elegante formula matematica per descrivere alcune misure realizzate con gli acceleratori su particelle chiamate adroni e sensibili alle interazioni forti. Negli anni successivi la sua intuizione si è poi strutturata nella cosiddetta teoria delle stringhe, secondo cui i costituenti fondamentali della materia sarebbero oggetti unidimensionali tipo cordicelle o "stringhe" praticamente invisibili, di cui le varie particelle elementari rappresentano modi diversi di vibrazione.

    Per celebrare quest’anniversario dall'11 al 15 maggio il Galileo Galilei Institute (Ggi) di Firenze ospiterà una conferenza internazionale intitolata “50 years of the Veneziano Model: from dual models to strings, M-theory and beyond”, organizzata con il supporto dall'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) e dell'Università di Firenze, e con il contributo del Cern di Ginevra e del Centro Internazionale di Fisica Teorica Ictp di Trieste. Il primo giorno del convegno Gabriele Veneziano (Cern) terrà la conferenza aperta al pubblico “Spazio, tempo, materia: come cambia la comprensione dell’Universo”.

    Venerdì 11 maggio 2018 ore 17:30 - Università di Firenze, Aula magna del Rettorato, Piazza S. Marco, 4 Firenze.

    Link alla conferenza: https://www.unifi.it/art-3350-spazio-tempo-materia-come-cambia-la-comprensione-dell-universo.html  [Eleonora Cossi]

     

    Per saperne di più:

    La teoria delle stringhe si è sviluppata tumultuosamente nel corso dei suoi primi 50 anni di vita e rappresenta una proposta molto seria per l'unificazione della gravità con le altre interazioni fondamentali, ma svariate sue idee e tecniche hanno avuto ricadute anche in altri ambiti della fisica teorica e in matematica. A questa teoria sono associati affascinanti concetti come le extra-dimensioni, la supersimmetria, l’olografia e il multiverso. Il ruolo dei fisici teorici italiani nello sviluppo della “teoria delle stringhe” è stato di primo piano in tutti questi anni, a cominciare dal contributo di Veneziano che è universalmente considerato il punto di inizio di questa affascinante storia.

    Leggi l’intervista a Gabriele Veneziano su asimmetrie.it: https://www.asimmetrie.it/il-tempo-prima-del-tempo 

    Leggi un approfondimento sulla teoria delle stringhe su asimmetrie.it: https://www.asimmetrie.it/accordi-fondamentali 

     

    Il Galileo Galilei Institute: Istituto d’eccellenza per l’alta formazione in fisica teorica di rilevanza internazionale, il Ggi è diventato nel 2018 Centro Nazionale per gli Studi Avanzati dell’Infn, in collaborazione con l'Università di Firenze e con il supporto della Simons Foundation.

    Guarda il video: https://www.youtube.com/watch?v=4hdJ9t5-zoI 

  • Accordi fondamentali

    Accordi fondamentali
    L’affascinante mondo delle stringhe

    di Marco Serone

     

    a.
    Come le corde di un violino producono suoni diversi secondo il modo in cui vibrano, così le oscillazioni diverse delle stringhe corrispondono a particelle differenti.
    La teoria delle stringhe (o corde) è, al momento, la teoria più promettente per tentare di risolvere uno dei maggiori problemi teorici che affliggono la fisica fondamentale: come integrare la teoria della gravitazione di Einstein (nota anche come relatività generale) nell’ambito della meccanica quantistica. Storicamente, la teoria nasce nel 1968 per tutt’altri scopi (capire le interazioni forti), con il fisico italiano Gabriele Veneziano. Essa si basa sull’assunto che tutte le particelle elementari che osserviamo non sono nient’altro che piccolissime stringhe oscillanti. Come le corde di un violino producono suoni diversi secondo il modo in cui vibrano, così oscillazioni diverse delle stringhe corrispondono a particelle differenti. Le stringhe possono essere chiuse o aperte e possono fondersi tra di loro (vd. in Asimmetrie n. 5  Oltre la quarta dimensione, fig. a, ndr).
    Qualche anno dopo il lavoro di Veneziano, si comprese che le interazioni forti sono spiegate da una teoria diversa da quella delle stringhe, denominata cromodinamica quantistica (vd. in Asimmetrie n. 16 I semi delle cose, ndr).
    Inoltre, all’incirca nello stesso periodo, i ricercatori osservarono che tra le diverse oscillazioni della stringa appariva sempre il gravitone, ovvero la particella responsabile delle interazioni gravitazionali. Abbandonata come teoria delle interazioni forti, la teoria delle stringhe fu, dunque, elevata allo status più ambizioso di teoria quantistica della gravitazione. Da allora, diversi importanti sviluppi teorici si sono registrati nel corso degli anni.
    La teoria delle stringhe, la cui struttura è alquanto complessa, sembra aggregare efficacemente tutta una serie di idee circolanti nella fisica fondamentale per spiegare varie problematiche ancora aperte, soprattutto di natura teorica, che gli scienziati si trovano ad affrontare nell’ambito della relatività generale e nel modello standard delle particelle elementari.
    Una delle sue principali peculiarità è la predizione secondo cui nell’universo non esisterebbero solo le tre dimensioni spaziali che percepiamo (altezza, lunghezza e larghezza), bensì nove o dieci dimensioni, a seconda di quale variante della teoria si consideri.
    Le sei o sette dimensioni “extra” non sarebbero percepibili in quanto avviluppate su se stesse su scale piccolissime (in gergo, si dice che sono compattificate). Per rendere l’idea, si immagini un tubo molto lungo e piuttosto sottile. Osservandolo da lontano, il tubo apparirà come un oggetto unidimensionale, praticamente come una semplice linea, mentre, osservandolo da vicino con una lente o con un microscopio, si potrà apprezzare la sua struttura bidimensionale.
    Analogamente, stando alla teoria delle stringhe, le dimensioni extra sarebbero così sottili da non essere percepite. Per poter svelare le altre dimensioni, di cui - peraltro - non conosciamo la lunghezza precisa, dovremmo disporre di uno strumento ben più potente dell’attuale acceleratore Lhc.

     

    b.
    Proiezione bi-dimensionale di uno spazio compatto noto come Calabi- Yau. Si tratta di un tipo di spazio molto popolare nella teoria delle stringhe. Come si evince dalla figura, le sei dimensioni extra in questi tipi di spazi sono genericamente arrotolate tra di loro in un modo molto complicato.
    Ma perché abbiamo proprio bisogno di queste stringhe? Proviamo a spiegare meglio il problema che dovrebbero risolvere.
    La relatività generale asserisce che spazio, tempo, energia e materia sono correlati, vale a dire che la forma dello spaziotempo, ossia la sua curvatura, è determinata dall’energia e dalla materia in esso contenute. La curvatura dello spaziotempo è quella che noi percepiamo come gravità. Il comportamento della materia a piccolissime distanze è invece governato dalla meccanica quantistica. Poiché la gravità è di gran lunga la forza fondamentale più debole che esista in natura, si può legittimamente trascurare la minima curvatura dello spazio indotta dalle particelle elementari, quando si studia l’infinitamente piccolo. Analogamente, è più che lecito trascurare la meccanica quantistica delle particelle elementari, quando si studiano fenomeni macroscopici. Pertanto, da una parte disponiamo della relatività generale, che descrive i fenomeni macroscopici gravitazionali e, dall’altra, della meccanica quantistica, che descrive l’infinitamente piccolo ed è alla base di tutte le altre forze della natura.
    Entrambe queste teorie sono state ampiamente confermate dagli esperimenti, ciascuna nel proprio regime di validità (vd. Su e giù per le scale, ndr), in cui l’altra non gioca nessun ruolo. Tuttavia, esistono necessariamente dei regimi di energia e di distanza in cui non si può descrivere un fenomeno fisico usando soltanto l’una o l’altra teoria. Tali regimi non sono ancora stati direttamente esplorati, ma è inevitabile che, a distanze enormemente più piccole (o a energie enormemente più grandi) di quelle esplorate finora, la gravità e la meccanica quantistica debbano essere considerate congiuntamente. Anche se ancora non abbiamo “sotto mano” un processo fisico che lo richieda, da un punto di vista teorico è assolutamente imprescindibile comprendere il modo di combinare insieme la gravità con la meccanica quantistica. Tale combinazione non appare affatto facile. Ciò che rende la teoria delle stringhe promettente è il fatto che, in un certo senso, essa predice l’esistenza stessa della gravità, dal momento che la vibrazione della stringa che dà luogo al gravitone è sempre presente. D’altro canto, la nostra teoria presenta un problema di base: al momento, non è chiaro quale tipo di esperimento potrebbe confermarne o meno la validità, e questo, spesso, è motivo di critica. Tuttavia, il fatto che la teoria entri in gioco in regimi estremi della natura, non facilmente accessibili, rende inevitabili le difficoltà che si frappongono a una sua verifica sperimentale. Va anche aggiunto che, indipendentemente dall’effettiva esistenza delle stringhe, moltissime sono le idee teoriche nate nell’ambito di questo filone di ricerca e, successivamente, migrate a vantaggio di altri campi della fisica teorica, cosicché, anche volendo considerare solo tale aspetto, la teoria può essere considerata già estremamente fruttuosa.
    Per concludere, dato che molti aspetti delle stringhe attendono ancora di essere chiariti, appare prematuro cercare di stabilire se la loro teorizzazione sia solo una complicatissima (seppure utilissima, almeno dal punto di vista teorico) invenzione matematica o se si tratti effettivamente della “teoria del tutto”, che unifica in un solo contesto tutta la fisica fondamentale esistente.
    In ogni caso, siamo di fronte a una concezione ambiziosa, che non conosce precedenti nella storia della fisica e, in mancanza di teorie alternative altrettanto valide, è del tutto comprensibile il fascino e l’attrattiva che le stringhe hanno esercitato e che continuano a esercitare tra i fisici teorici.
     

    Biografia
    Marco Serone è professore associato di fisica teorica presso la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (Sissa) di Trieste. Si occupa principalmente di fisica delle particelle elementari e per vari anni ha svolto attività di ricerca nell’ambito della teoria delle stringhe.


    Link
    http://www.stringwiki.org/wiki/String_theory_for_non-physicists
    http://scienzapertutti.lnf.infn.it/string/percorso/isola.swf


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  • Il tempo prima del tempo

    Il tempo prima del tempo
    Conversazione con Gabriele Veneziano

    di Antonella Varaschin

     


    a.
    Rappresentazione grafica 3D di uno spazio di Calabi-Yau. Secondo la teoria delle stringhe esistono delle dimensioni extra oltre alle quattro che conosciamo. Queste dimensioni sarebbero “arrotolate” in figure con la forma di spazi di Calabi-Yau.
    Era il 1968 quando un giovane fisico teorico italiano, di passaggio al Cern di Ginevra fra un dottorato in Israele e un posto di ricercatore al Mit di Boston, diede alle stampe un articolo che avrebbe rappresentato una pietra miliare per la fisica teorica contemporanea. Vi si mostrava che, grazie a una formula vecchia di 200 anni (la funzione beta di Eulero), era possibile render conto di alcune misure della interazione forte, realizzate con gli acceleratori di particelle. Il giovane autore di quell’articolo, Gabriele Veneziano, è oggi uno dei massimi fisici teorici al mondo e la sua intuizione si è poi strutturata nella cosiddetta teoria delle stringhe che, nata quindi come una descrizione delle forze nucleari, verrà poi a rappresentare il primo promettente tentativo di unificare l’inconciliabile: la relatività generale e la meccanica quantistica, ovvero macrocosmo e microcosmo.
    Secondo questa teoria, le particelle elementari che costituiscono il nostro universo non sono più entità infinitamente piccole, punti senza dimensioni, ma oggetti unidimensionali chiamati (con una traduzione un po’ imprecisa dall’inglese) stringhe: cordicelle sottilissime e cortissime, praticamente invisibili, tese e vibranti. E maggiore è la vibrazione e l’estensione spaziale della stringa, maggiore è la sua massa. Ancora oggi, manca, a questa affascinante e ambiziosa teoria, una conferma sperimentale: anzi, la possibilità o meno di verificarla o falsificarla rappresenta uno degli aspetti che più offrono il fianco ad affondi da parte di critici, scettici e detrattori. Ma questo è un altro discorso.

     

    b.
    Gabriele Veneziano, fisico teorico di indiscussa fama internazionale, è uno dei padri della teoria delle stringhe.
    Nel corso della nostra conversazione con Veneziano, vogliamo approfondire il concetto di tempo come deriva dalla teoria delle stringhe e dalle sue implicazioni cosmologiche. Nel 1991, infatti, Veneziano pubblicò un altro articolo significativo, in cui mostrava come dalla teoria delle stringhe potesse derivare un nuovo modello cosmologico di tipo inflazionario, che apriva le porte a possibili scenari detti del pre-Big Bang. Ma se esiste un “pre-”, qualcosa antecedente al momento in cui abbiamo sempre pensato avesse avuto inizio tutto, compreso il tempo, questo significa che la nostra idea di tempo deve essere rimessa in discussione, così come la nostra posizione nel contesto dell’evoluzione dell’universo. “Se e quando il nostro universo ha avuto inizio, è una domanda alla quale non sappiamo ancora rispondere, ma negli ultimi trent’anni c’è stato un cambiamento importante nella descrizione della sua storia”, inizia a raccontare Gabriele Veneziano. “Prima degli anni ’80, il modello convenzionale era quello del ‘Big Bang caldo’, in cui tutto aveva avuto inizio a un certo tempo ‘zero’, istante in cui tutte le distanze relative erano talmente contratte da diventare nulle, dando così luogo a un completo collasso. Tutto insomma avrebbe avuto inizio da una singolarità, come viene chiamata in gergo matematico, in cui densità, temperatura e curvatura dell’universo erano infinite. Dopodiché, un’espansione di tipo decelerato, quindi dapprima molto veloce e poi sempre più lenta, ci ha portati fino a oggi. Questo modello riportò numerosi successi ma lasciava aperti svariati problemi concettuali e fenomenologici”.
    Agli inizi degli anni ’80 era stato proposto un modello, detto inflazionario, che riusciva a superare queste difficoltà. In questo modello, nell’universo primordiale ci sarebbe stata una fase di espansione accelerata praticamente esponenziale (detta inflazione per analogia con quella dei prezzi che, ad esempio, raddoppiano ogni 15 anni), seguita poi dall’espansione decelerata, come nel vecchio modello cosmologico (vd. in Asimmetrie n. 15 Ai confini della realtà, ndr). Quello che è successo prima dell’inflazione è ancora oggetto di ricerca: non si ha per il momento una risposta a questa domanda, anche perché l’inflazione ha la caratteristica di nascondere in modo efficace tutto ciò che era avvenuto precedentemente.
    “C’è un punto che voglio precisare, perché si fa spesso molta confusione a riguardo: nel ‘vecchio’ modello cosmologico, l’inizio del tempo coincideva con il Big Bang. Nel modello inflazionario non è più così. L’inflazione, infatti, è una fase di forte espansione dell’universo che ha portato, di conseguenza, a un suo estremo raffreddamento. A questo punto però è necessario far subentrare l’azione di un meccanismo fisico, chiamato appunto ‘riscaldamento’, che ha fatto sì che alla fine dell’inflazione l’universo ridiventasse caldo. Il Big Bang del vecchio modello viene così rimpiazzato dal momento in cui termina l’inflazione: un periodo molto breve, ma molto significativo che, per sua definizione, non ha niente a che vedere con l’inizio del tempo”.
     
     
    c.
    Visualizzazione grafica del Big Bounce.
     
    I fisici teorici stanno ancora cercando di capire da che cosa sia scaturita l’era inflazionaria dell’universo e si chiedono qual è la fisica rilevante per descrivere quella fase. Bisogna porsi la domanda sull’inizio del tempo, utilizzando la teoria giusta: questa non può essere la relatività generale di Einstein, che è una teoria classica, deterministica e che prescinde dagli effetti quantistici, quando invece abbiamo evidenza che la meccanica quantistica ha giocato un ruolo essenziale già durante l’epoca inflazionaria. Per la fase pre-inflazionaria servirebbe, quindi, una teoria quantistica della gravità, che è un ben noto problema teorico. Sul mercato non ci sono molte alternative. Una è la teoria delle stringhe e l’altra è la teoria della gravità quantistica a loop (vd. Time out, ndr). Entrambe queste teorie suggeriscono che all’inizio dell’inflazione non ci sia stata una singolarità che impedirebbe di andare più indietro del tempo zero.
    “Il problema dell’origine del tempo resta così ancora aperto. Questo è un momento molto interessante in cosmologia: per la prima volta si punta veramente il dito sulla necessità di applicare la meccanica quantistica anche alla teoria della gravitazione. Dato che la teoria delle stringhe non tollera gli infiniti, sembrano esserci, nel suo contesto, solo due alternative per quanto riguarda l’inizio del tempo. La prima è che andando all’indietro, ci sia una fase speculare alla nostra (salvo che le interazioni erano talmente deboli da dare un universo privo di strutture), che si estende indefinitamente verso il passato e che termina quando temperatura, densità e curvatura raggiungono il massimo valore permesso. La seconda ipotesi è che tutto sia iniziato da una fase in cui non esistevano spazio e tempo, concetti scaturiti solo successivamente. Nel primo scenario, quello proposto nel 1991, c’è qualcosa che simula il vecchio Big Bang: il cosiddetto bounce, ovvero “rimbalzo”, un momento in cui le varie quantità fisiche raggiungono il loro massimo valore per poi iniziare a decrescere. Invece che di Big Bang possiamo parlare di Big Bounce del momento in cui la temperatura dell’universo avrebbe raggiunto il suo valore massimo, ma finito”.
    Possiamo chiederci che cos’è il tempo? “Personalmente tendo ad assumere un atteggiamento operativo a riguardo: il tempo inteso come quantità misurabile con orologi, con oggetti fisici. Il tempo perde senso se non lo si può misurare (ricordo che Einstein arrivò alla relatività ristretta pensando a come sincronizzare due orologi se la velocità della luce è finita). Dunque non mi pongo tanto la questione di che cosa sia il tempo, che prendo come concetto primitivo, ma piuttosto di come misurarlo: un atteggiamento da fisico, più che da filosofo”.
     
     

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  • Microspie in ascolto del rumore dello spaziotempo

    oscillatore humorHumor (Heisenberg Uncertainty Measured with Opto-mechanical Resonators), il primo esperimento ad aver ideato e realizzato un modo completamente nuovo di sondare lo spaziotempo a dimensioni estremamente piccole, pubblica oggi sulla prestigiosa rivista internazionale Nature Communications i primi importanti risultati, che pongono un nuovo limite superiore all’esplorazione dello spaziotempo a livelli microscopici. La misura di altissima precisione è stata possibile grazie all’utilizzo di “microspie” sensibilissime, in grado di ascoltare il flebile rumore delle fluttuazioni dello spaziotempo.

    “Usando esperimenti 'da tavolo' a bassissime energie, - spiega Francesco Marin, ricercatore di Humor, professore all’Università di Firenze, associato a Infn, Lens e Cnr-Istituto Nazionale di Ottica - siamo, infatti, riusciti a effettuare, per mezzo di laser e sensori elettromagnetici, misure di spostamenti e tempi con una precisione elevatissima, rilevando le microscopiche vibrazioni di oscillatori di diverse dimensioni e masse, da qualche nanogrammo fino a qualche milligrammo”. Questi strumenti non hanno ancora osservato una granulosità dello spaziotempo, ma sono riusciti a porre nuovi limiti e ora molti scienziati sono al lavoro per migliorare la strumentazione e spingersi a scale sempre più piccole.

    “La strada per una chiara comprensione del tessuto spaziotemporale che ci circonda è ancora lunga, - sottolinea Marin - ma i risultati attuali possono già essere utilizzati per verificare le previsioni delle teorie che mirano a unificare gravità e fisica quantistica, costituendo un importante punto di riferimento e di partenza per l'analisi sperimentale di queste problematiche”.

    Humor apre quindi all’affascinate prospettiva di poter testare uno dei punti-chiave delle più avanzate teorie, come ad esempio la teoria delle stringhe: cioè se il tempo e lo spazio, che a noi appaiono continui, siano in realtà fatti di minimi intervalli di spazio e tempo. D’altro canto, rispondere alla questione se spazio e tempo siano continui o discreti è una delle più grandi sfide, con imprevedibili implicazioni. Inoltre, una qualche formulazione della teoria quantistica della gravità potrebbe forse essere candidata a spiegare l'origine dell'intero universo e quindi questi limiti pongono vincoli utili alla costruzione della teoria giusta.

    Humor è frutto di una collaborazione tra Infn, Cnr, European Laboratory for Non-Linear Spectroscopy (Lens), le Università di Firenze, Trento e Camerino e la Fondazione Bruno Kessler (Fbk).

  • Oltre la quarta dimensione

    Oltre la quarta dimensione
    Gravità quantistica, superstringhe ed extra dimensioni per raccontare l'universo dell'infinitamente piccolo.
    di Leonardo Castellani

    La forza di gravità è di gran lunga la più debole delle quattro interazioni fondamentali: a distanze atomiche o molecolari risulta quindi del tutto trascurabile rispetto alle forze nucleari ed elettromagnetiche. Tuttavia, a distanze macroscopiche la gravità diventa la forza dominante, determinando il nostro peso, la forma e la struttura del sistema solare, delle galassie e, più in grande ancora, del nostro Universo.
    Su dimensioni che vanno dalla scala cosmica al decimo di millimetro, tutti i fenomeni gravitazionali noti sono magnificamente descritti dalla teoria della relatività generale di Einstein, che si riduce alla teoria classica di Newton (le leggi della meccanica a cui facciamo normalmente riferimento) per velocità molto minori di quella della luce e campi gravitazionali deboli.

    La stessa teoria, però, non ci dice che cosa succede a scale estremamente piccole o, il che è equivalente, a energie estremamente alte: per questo è necessario costruire una teoria quantistica del campo gravitazionale. Lo stesso percorso ha guidato la quantizzazione delle altre interazioni fondamentali (elettromagnetica, debole e forte) fino alla costruzione del cosiddetto Modello Standard delle particelle elementari, che descrive con successo tutti i “mattoni fondamentali” della materia e i mediatori dell’interazione nucleare forte ed elettrodebole.
    Ma perché ci interessa la gravità su scala ultramicroscopica? La risposta è proprio nella teoria della relatività generale, che prevede situazioni in cui l’Universo stesso è racchiuso in dimensioni microscopiche con un’elevatissima densità di energia.
    Una condizione simile, ad esempio, è quella del nostro Universo subito dopo il Big Bang, circa 13,5 miliardi di anni fa, e gli effetti di gravità quantistica sono essenziali per spiegarne l’evoluzione. In tutte le teorie quantistiche, i processi che descrivono le interazioni tra particelle sono di tipo probabilistico e le probabilità, per avere significato fisico, devono assumere valori finiti, al massimo pari a uno (la teoria, cioè, deve essere normalizzata). Tuttavia, il carattere puntiforme delle interazioni tra particelle elementari porta a delle divergenze, ossia probabilità di valore infinito, che per il Modello Standard è possibile eliminare con la cosiddetta procedura di rinormalizzazione. Nel caso della teoria quantistica del campo gravitazionale, però, le divergenze sono ineliminabili.
    a.
    A sinistra: interazione puntiforme di tre particelle. A destra: la zona d’interazione di tre stringhe è estesa e non puntiforme.
    Come già proposto da Gabriele Veneziano, fisico italiano al Cern di Ginevra, buona parte dei fisici teorici ritiene che il problema delle divergenze possa superarsi con la teoria delle stringhe: oggetti unidimensionali, come laccetti chiusi o aperti, di estensione molto piccola, le cui interazioni non sono puntiformi e non provocano quindi la comparsa di infiniti. Le stringhe possono vibrare (fig. b) come le corde di un violino e a ogni “nota” vibrata corrisponde una particella elementare: un singolo modo vibrazionale di un unico oggetto fondamentale, la stringa. Il passaggio da particella puntiforme a stringa implica quindi l’unificazione di tutte le particelle elementari. Tra i diversi modi di vibrazione compare anche il gravitone, il quanto del campo gravitazionale, che risulta così compreso in una teoria quantistica che unifica la gravitazione alle altre forze fondamentali.
    Avendo un’estensione estremamente ridotta (dell’ordine della lunghezza di Planck, pari a 10-36 m), le stringhe appaiono come particelle puntiformi anche ai nostri microscopi più potenti, cioè i grandi acceleratori capaci di sondare distanze fino a un miliardesimo di miliardesimo di metro. Che cosa prevede la teoria delle stringhe a questa scala? Le stringhe, che appaiono puntiformi, riescono a riprodurre correttamente l’insieme di particelle e di interazioni del Modello Standard?
    Su questo problema stanno lavorando molti gruppi di ricerca, e i risultati ottenuti, seppure incoraggianti, non permettono ancora una risposta definitiva.

    A bassissime energie, nel limite classico in cui spariscono gli effetti quantistici, la teoria delle stringhe contiene effettivamente il campo elettromagnetico (con le sue generalizzazioni, previste dal Modello Standard) e il campo gravitazionale della relatività generale. In questo limite, la teoria ha ispirato la costruzione di nuovi e interessanti modelli cosmologici. In quanto teoria quantistica, essa soffre del fatto (comune anche al Modello Standard) che le sue predizioni possono essere calcolate solo in modo approssimato, tramite la cosiddetta teoria delle perturbazioni.

    b.
    Modi di vibrazione di stringhe chiuse.

    Pur con queste difficoltà, tuttavia, la teoria delle stringhe ha potuto dare una prima spiegazione microscopica della termodinamica dei buchi neri. Essa, inoltre, prevede fenomeni nuovi, i cui effetti potrebbero essere rilevati con il nuovo acceleratore di particelle Lhc (Large Hadron Collider) che entrerà in funzione al Cern di Ginevra nel 2008. Le previsioni della teoria delle stringhe includono:

    1. Una nuova simmetria della natura, chiamata supersimmetria. Essa agisce tra bosoni (ad esempio i fotoni e i gluoni, mediatori rispettivamente dell’interazione elettomagnetica e forte) e fermioni (come quark e leptoni, i mattoni fondamentali di tutta la materia) scambiando gli uni con gli altri: se la simmetria fosse esatta, per ogni bosone dovrebbe esistere un fermione di uguale massa. Tuttavia, questo non si verifica per le particelle elementari descritte dal Modello Standard e osservate negli esperimenti, il che implica una rottura della supersimmetria, come succede già per altre simmetrie del Modello Standard. Il meccanismo di questa rottura rappresenta una delle principali difficoltà nel confronto con i dati sperimentali.
    Pur non verificata sperimentalmente, la supersimmetria è un ingrediente matematico necessario nella teoria delle stringhe (da qui il termine “superstringhe”): essa prevede l’esistenza di nuove particelle, compagne supersimmetriche di quelle descritte nel Modello Standard, che potremo forse rivelare alle energie accessibili a Lhc. A basse energie le superstringhe riproducono la supergravità, che generalizza la gravità di Einstein con l’aggiunta del gravitino, il fermione partner supersimmetrico del gravitone.

    c.
    Spaziotempo, stringhe aperte e stringhe chiuse. Solo i gravitoni (stringhe chiuse) possono propagarsi nelle dimensioni extra.

    2. Dimensioni “nascoste” dello spaziotempo. Per essere matematicamente consistente, la teoria quantistica delle superstringhe deve avere 6 dimensioni spaziali “extra” oltre alle 4 dello spaziotempo usuale. Queste dimensioni extra sono compatte, cioè arrotolate su se stesse: per esempio possono descrivere dei piccolissimi cerchi o sfere, ma anche infiniti altri spazi compatti, osservabili solo a energie molto elevate o a distanze infinitesime.
    A tutte queste “compattificazioni” corrispondono particolari proprietà per le particelle a basse energie, ed è possibile trovare particolari spazi 6-dimensionali a cui corrispondono proprietà molto simili a quelle del Modello Standard. È però ancora del tutto ignoto il meccanismo con il quale la teoria “sceglie” un particolare spazio 6-dimensionale.

    3. Modifiche alla legge di Newton. La teoria delle stringhe include anche altri oggetti estesi multidimensionali, le cosiddette p-brane (membrane p-dimensionali), e recentemente è stata avanzata l’ipotesi che lo spaziotempo usuale sia proprio una 4-brana fluttuante in uno spazio a 10 dimensioni, nel quale le 6 dimensioni extra siano “permeabili” solo alla forza gravitazionale. In questo caso, si prevedono deviazioni dalla legge di Newton su scala submillimetrica, che sono attualmente sotto investigazione da parte di numerosi gruppi sperimentali.

    Biografia
    Leonardo Castellani è professore di fisica teorica presso l’Università di Torino e presso la facoltà di scienze dell’Università del Piemonte Orientale, di cui è preside dal 2004. Ha conseguito il Ph.D. in fisica teorica presso l’Institute for Theoretical Physics dell’Università di Stony Brook (New York) e ha lavorato al Lauritsen Lab del Caltech e al Cern di Ginevra.

     

    Link
    http://scienzapertutti.lnf.infn.it/string/percorso/isola.swf
    http://superstringtheory.com/

     

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