Ci sono studi in cui la fisica si sposa con la sociologia. Studi in cui i nomi prendono, ad esempio, il posto dei numeri. È il caso di una ricerca appena pubblicata sui Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas) - la rivista dell’Accademia delle Scienze Usa - condotta da un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Fisica della Sapienza Università di Roma e dell’Infn. Si tratta di un’analisi dei nomi scelti per i bambini nati negli Stati Uniti dal 1910 al 2012, sulla base dei dati resi pubblici dall’ufficio statistico americano.
“L’indagine ha consentito di stabilire come le correlazioni culturali fra gli Stati americani si siano modificate nel tempo, mostrando un drastico cambiamento nella parte finale del XX secolo”, spiega Enzo Marinari, fisico teorico della Sapienza e dell’Infn, tra gli autori della ricerca. L’indagine è basata sull’uso di tecniche di analisi avanzate, matematiche e numeriche. Per un fisico è, infatti, normale analizzare dati sperimentali, per confermare o smentire una teoria, e fare predizioni future di un certo fenomeno. Quello che cambia in questo particolare studio è, però, la natura stessa dei dati sperimentali. “La nostra misura sono i nomi”, sottolinea Marinari. Nomi che raccontano storie. “Studiando la dinamica dei grandi nomi - riflette il fisico italiano - si può, infatti, osservare come mutano i rapporti tra le varie parti di un Paese, nel nostro caso gli Stati Uniti, e quali sono le influenze reciproche”.
Dall’analisi dei dati emerge, ad esempio, che fino agli Anni settanta gli Stati del Nord, così come quelli del Sud, tendevano ad agire all’unisono, e fra i due gruppi non c’erano correlazioni degne di rilievo. Invece, nel periodo più recente ci sono stati notevoli cambiamenti, e sono emersi chiari legami fra i comportamenti della East Coast e della West Coast. “Stati anche geograficamente lontani, hanno iniziato a fare scelte simili. - afferma Marinari - Perché questo accada non possiamo, però, dirlo. Il nostro resta, infatti, uno studio da fisici, non da sociologi. Quello che noi facciamo - conclude Marinari - è analizzare ciò che succede, senza tuttavia interpretarlo. Un lavoro, quest’ultimo, che spetta ai sociologi”.