A dispetto del suo nome, la materia oscura potrebbe non essere poi così oscura. Potrebbe, infatti, essere associata alla radiazione elettromagnetica: questa è l’ipotesi di un team di scienziati delle sezioni Infn di Torino, Roma Tre e Trieste, dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e della Chinese Academy of Science. In particolare, lo studio, pubblicato oggi su Physical Review Letters, descrive una correlazione fra l’emissione gamma extragalattica catturata dal telescopio spaziale Fermi, cui Infn e Inaf collaborano, e la distribuzione di materia oscura cosmica ricostruita dal catalogo di galassie 2Mass. Secondo gli autori dello studio, potrebbe trattarsi di un'impronta indiretta della presenza della sfuggente materia che permea un quarto dell’universo. Questa associazione nella radiazione gamma potrebbe quindi individuare la prima possibile traccia non gravitazionale della materia oscura: finora, infatti, tutte le nostre ipotesi si sono basate su osservazioni relative ai suoi effetti gravitazionali.
Lo studio mostra, infatti, che il segnale è compatibile con l’ipotesi che la materia oscura possa essere costituita dalle cosiddette Weakly Interacting Massive Particle (Wimp), per le quali lo studio identifica un intervallo di valori di massa compreso fra 10 e 300 GeV. “Le Wimp, come suggerisce il loro stesso nome, possiedono un'interazione, anche se debole. - spiega Nicolao Fornengo, della sezione Infn di Torino, tra gli autori dello studio - Quindi, dovrebbero andare incontro a un possibile processo di mutua annichilazione o di decadimento. Quello che abbiamo fatto nel nostro studio - sottolinea il fisico italiano - è cercare, al di fuori del gruppo di galassie di cui fa parte la nostra Via Lattea, il cosiddetto "Gruppo Locale", un segnale gamma associabile a questi processi. Per fare questo, abbiamo correlato la mappa della radiazione gamma misurata dal satellite Fermi con la distribuzione di galassie del catalogo 2Mass, che rappresenta un tracciatore della distribuzione di materia oscura nell'universo. E in questo modo abbiamo trovato un segnale e mostrato che è compatibile con le Wimp. Si tratta di una prima analisi di questo tipo di correlazioni - precisa Fornengo -, che mostra come questa tecnica sia molto promettente”.
L’esistenza della materia oscura è stata più volte dedotta dalla misura indiretta dei suoi effetti gravitazionali sulla materia ordinaria. Finora, però, la sua natura è rimasta ben nascosta, riuscendo a sfuggire a qualsiasi tentativo di osservazione. Gli studiosi sanno che esiste, ma non com’è fatta. La sua natura fondamentale resta, infatti, uno dei principali interrogativi della fisica moderna. Al Cern di Ginevra, ad esempio, gli scienziati stanno provando a imbrigliarla con il nuovo corso del superacceleratore Lhc (Large Hadron Collider), il cosiddetto run2. Grazie all’energia record di 13 TeV, infatti, i fisici sperano di produrre quelle particelle che si presume compongano la materia oscura. Allo stesso tempo, gli astrofisici scrutano il cosmo a caccia di tracce di materia oscura fossile che possa rendersi visibile, ad esempio, ai sofisticati occhi dei telescopi spaziali. Come il satellite Fermi, che la sta cercando tra le pieghe della radiazione gamma.
“Le strutture cosmologiche sono dominate dalla presenza di materia oscura. - spiega Nicolao Fornengo - Le nostre conoscenze sul fatto che questa elusiva materia esiste sono tutte di natura gravitazionale. Se, però, emettesse anche radiazione, dovremmo avere una correlazione tra la radiazione gamma misurata da Fermi e la distribuzione della materia oscura nell’universo. La correlazione che abbiamo individuato possiede le giuste caratteristiche che ci si attende se prodotta dalla materia oscura. - chiarisce il fisico Infn - Non possiamo, tuttavia, escludere al momento che sia dovuta a un’altra fonte, come ad esempio l'emissione gamma prodotta dai nuclei galattici attivi. Occorreranno nuovi studi per chiarirlo. Nei prossimi mesi, ad esempio, - aggiunge Fornengo - Fermi rilascerà nuovi dati. Sono, inoltre, in preparazione nuovi cataloghi di galassie. Tutto questo permettera' di affinare la tecnica che stiamo utlizzando. In prospettiva, con l'arrivo dei dati che misurano il cosiddetto effetto di lente gravitazionale debole (weak lensing gravitazionale), si potanno ottenere mappe dettagliate della distribuzione di materia oscura nell'universo. Fra qualche anno saranno infatti disponibili i dati del Dark Energy Survey, e successivamente del satellite Euclid dell'Esa. Questi nuovi potenti strumenti d'indagine - conclude Fornengo - ci permetteranno di migliorare di molto le misure di correlazione che stiamo sviluppando e potenzialmente di fornire una risposta chiara all'origine del segnale che abbiamo studiato oggi”.