Una rete di sensori lunari in grado di rivelare le vibrazioni del nostro satellite prodotte dal passaggio delle onde gravitazionali. No, non stiamo parlando di una suggestione contenuta all’interno di un racconto di fantascienza, ma di una possibilità reale di cui si sta occupando una collaborazione internazionale istituita al fine di valutare la realizzazione di un’antenna di onde gravitazionale lunare, Lunar Gravitational-Wave Antenna (LGWA), a cui l’INFN contribuisce insieme al Gran Sasso Science Institute (GSSI), all’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e all’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). Un gruppo di ricerca il cui risultato più recente è apparso oggi, 22 marzo, sulla rivista Astrophysical Journal, dove è stato presentato uno studio dedicato all’analisi teorica di un simile scenario nell’ambito dei programmi NASA e ESA che prevedono, nel prossimo futuro, il ritorno dell’uomo sulla Luna e la costruzione di basi permanenti sul nostro satellite. Per quanto ambiziosa, la proposta può contare sui risultati di esperienze sperimentali condotte sin dalla metà del secolo scorso sulle cosiddette barre di Weber, strumenti dimostratisi fino a oggi inefficaci per l’individuazione delle onde gravitazionali a causa delle loro modeste dimensioni, il cui principio di funzionamento potrebbe tuttavia risultare efficace se applicato all’analisi delle vibrazioni di un corpo di dimensioni planetarie come la Luna.
L’idea di misurare con grande precisione le vibrazioni di oggetti solidi con l’intento di individuare il segnale del passaggio di un un’onda gravitazionale, una perturbazione dello spaziotempo in grado di deformare temporaneamente e in maniera quasi impercettibile anche la materia, si deve a Joseph Weber, fisico statunitense pioniere della ricerca sperimentale nel campo delle onde gravitazionali. Un’intuizione che a partire dagli anni ‘50 portò alla costruzione di antenne risonanti, note come barre di Weber, costituite da cilindri di alluminio di diverse tonnellate di peso distanziate e sospese all’interno di camere a vuoto per isolarle dai rumori sismici e acustici. Grazie alla presenza di sensori in grado di convertire l’oscillazione meccanica in segnale elettrico, tali dispositivi avrebbero quindi potuto, almeno in linea teorica, vibrare all’unisono e rivelare un’onda gravitazionale che li avesse attraversati. A causa delle dimensioni ridotte delle antenne risonanti progettate da Weber, che si traducevano in una insufficiente sensibilità, gli sforzi compiuti in questa direzione non furono purtroppo coronati da successo.
Il contributo di Weber all’ipotesi legata alla realizzazione di un’antenna lunare per onde gravitazionali non si esaurisce però con il lavoro svolto sulla prima generazione di barre risonanti. Nonostante la mancanza di indicazioni sul possibile valore degli spostamenti indotti dalle onde gravitazionali – che oggi sappiamo essere dell’ordine di circa 10-18 metri – e il fallimento dei suoi primi esperimenti, il fisico statunitense realizzò infatti che, per cercare di aumentare la capacità degli strumenti da lui ideati, il principio su cui questi si basavano avrebbe dovuto essere applicato allo studio delle oscillazioni meccaniche di oggetti estremamente più grandi. All’inizio degli anni ’70, la Luna, ancora meta delle missioni Apollo, rappresentava un corpo che metteva a disposizione tutte queste caratteristiche, fornendo inoltre il fondamentale vantaggio di non possedere un’attività sismica propria capace di disturbare eventuali sensori depositati sulla superficie lunare. La proposta di Weber, la prima del suo genere, di sfruttare un gravimetro lunare, strumento deputato alla misura delle variazioni del campo gravitazionale del satellite e alla mappatura della sua struttura interna, anche per la per la registrazione delle vibrazioni dovute al passaggio di onde gravitazionali fu quindi accettata dalla NASA, che incaricò del trasporto dello strumento l’equipaggio dell’Apollo 17, il quale, nel dicembre 1972, sbarcò sul suolo selenico. Anche in questa occasione, la caparbietà di Weber non fu premiata, in quanto il gravimetro non fornì dati compatibili con eventi associati a perturbazioni gravitazionali.
Sulla strada tracciata dai tentativi di Weber si inserisce oggi il lavoro della collaborazione Lunar Gravitational-Wave Antenna, che con il lavoro pubblicato Astrophysical Journal propone un’estensione dell’idea di gravimetro lunare in cui la Luna stessa è parte essenziale del rivelatore grazie alla sua intrinseca capacità meccanica di risposta alle onde gravitazionali. A questo scopo, la collaborazione ha individuato e analizzato come possibilità teorica un sistema composto da una rete di sismografi posizionati nel polo sud del nostro satellite. Una soluzione che, al di là della indubbia difficoltà logistica derivante dalla costruzione in situ dell’infrastruttura delineata dallo studio, presenta notevoli sfide tecnologiche, come quelle implicate nello sviluppo di una nuova generazioni di sismografi lunari. “Costruire qualcosa di complesso come un rilevatore di onde gravitazionali sulla Luna è un'impresa estremamente impegnativa”, sottolinea Jan Harms professore al Gran Sasso Science Institute e ricercatore associato INFN, a capo del team composto da oltre 80 scienziati in Italia, Belgio, Olanda, Stati Uniti, Danimarca e poi Svizzera e Regno Unito. “È necessaria la collaborazione e il coinvolgimento di diversi soggetti e competenze.”
Nonostante siano ancora molti gli ostacoli da superare, i ricercatori e gli enti coinvolti nel progetto sembrano concordi nel ritenere che gli sforzi richiesti dalla realizzazione della LGWA potranno certamente essere ripagati da indiscutibili vantaggi scientifici. La sua posizione, l’assenza di un’atmosfera e la mancanza di attività sismica, derivante dal fatto di essere un corpo geologicamente inerte, fanno infatti della Luna uno straordinario laboratorio per lo studio dei segnali provenienti dallo spazio profondo. “Le caratteristiche del nostro satellite”, spiega Marco Pallavicini, membro della giunta esecutiva dell’INFN, “potrebbero aprirci una finestra su una classe di fenomeni inaccessibili da parte degli strumenti presenti sulla Terra a causa della presenza condizioni poco favorevoli. Un’antenna lunare per la rivelazione delle onde gravitazionali potrebbe per esempio essere sensibile a eventi prodotti da sistemi binari compatti costituiti da nane bianche galattiche e da enormi buchi neri a distanze cosmiche, integrando la mappa dell’universo nello spettro delle onde gravitazionali che abbiamo iniziato a costruire grazie agli interferometri. Sono queste le ragioni che hanno spinto l’INFN a rispondere con convinzione alla call for proposal indetta dall’Agenzia Spaziale Europea e dedicata a raccogliere tutti quei progetti scientifici che potranno essere protagonisti delle prossime missioni umane sulla Luna oggi in programma. Confidiamo quindi che il rinnovato interesse nei confronti di un ritorno satellite non perda di slancio.”
Il coinvolgimento dell’INFN nei confronti del progetto LGWA si inserisce inoltre nell’importante indirizzo di ricerca inaugurato da Weber e che, nel lungo periodo, è stato decisivo per l’individuazione di quelle soluzioni tecnologiche che hanno dato vita all’interferometria per la rivelazione delle onde gravitazioni, un settore di cui l’INFN è protagonista a livello internazionale. Nel 1970, grazie alla lungimiranza di Edoardo Amaldi, nacque infatti all’interno dell’INFN un gruppo sperimentale dedicato allo studio delle onde gravitazionali, con l’intenzione di portare avanti il lavoro sulle barre di Weber. Grazie all’impiego della criogenia nella costruzione delle antenne risonanti, in grado di diminuire il rumore termico di queste ultime e di aumentarne la sensibilità, dopo un decennio di ricerca e sviluppo, il gruppo portò a termine la realizzazione di tre esperimenti di nuova generazione, Auriga, Explorer e Nautilus, oggi rispettivamente ospitati nei Laboratori Nazionali di Legnaro, al CERN e nei Laboratori Nazionali di Frascati, che, fino agli anni duemila, rappresenteranno gli unici rivelatori di onde gravitazionali attivi a livello mondiale. Le competenze maturate in questo periodo confluirono in seguito nel progetto Virgo e risultarono fondamentali per la sua implementazione. Una storia significativa delle opportunità e delle ricadute scientifiche che gli investimenti in proposte ambiziose come LGWA potrebbe garantire nel medio e lungo periodo. [Matteo Massicci]