Gli scienziati hanno ritenuto per decenni che i raggi cosmici galattici fossero accelerati, fino alle energie più alte osservate, in quel che rimane dopo l’esplosione di una supernova. Oggi, i telescopi Magic (Major Atmospheric Gamma-ray Imaging Cherenkov), cui l’Italia partecipa con l’Infn e l’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), studiando il residuo della supernova Cassiopeia A, che finora era considerato uno dei migliori candidati di acceleratore cosmico, hanno scoperto che, in realtà, esso non dispone dell’energia necessaria.
“Capire l'origine dei raggi cosmici significa svelare l'origine della nostra galassia”, spiega Michele Doro della Sezione Infn e dell’Università di Padova e direttore editoriale di Magic. “Questo risultato, pur rivelandoci che le nostre ipotesi su Cassiopeia A non erano corrette, è di grande interesse e d’impatto per la comunità scientifica: eliminando, infatti, uno dei migliori candidati di acceleratore cosmico, ci dà chiaramente indicazione del fatto che dobbiamo spingere le nostre ricerche anche su altre direzioni”.
I raggi cosmici sono particelle che riempiono la nostra galassia con un ampio spettro energetico, fino a energie ben superiori a quelle che si riescono a raggiungere nei laboratori sulla Terra. Secondo i modelli più accreditati, l’emissione di fotoni alle energie più alte dello spettro elettromagnetico all’interno della nostra galassia deriva forse unicamente dai raggi cosmici (elettroni o protoni) accelerati all'interno dei resti di supernova. Tuttavia, l’emissione di fotoni a energie maggiori di 1 teraelettronvolt (TeV, pari a mille miliardi di elettronvolt) non si era ancora potuta misurare con precisione sufficiente per individuarne l’origine.
Cassiopeia A è un famoso resto di supernova, prodotto da una gigantesca esplosione di una stella massiccia avvenuta circa 350 anni fa in direzione della costellazione di Cassiopea. Scoperto 50 anni fa grazie alle osservazioni radio, oggi sappiamo che la sua radiazione è osservabile in tutto lo spettro elettromagnetico, dalle onde radio ai raggi gamma di alta energia Cassiopeia A sembrava l'oggetto perfetto per essere un PeVatrone, cioè un acceleratore di particelle fino alle energie del PeV (1 PeV = 1.000 TeV): è giovane, luminoso, con un fronte che si espande a grande velocità e dotato di intensi campi magnetici per accelerare i raggi cosmici. Tuttavia, contrariamente a quanto ci si attendeva, in Cassiopeia A le energie delle particelle non raggiungono che poche decine di TeV: questo significa che al crescere dell’energia, l’emissione elettromagnetica improvvisamente diminuisce fino ad arrestarsi bruscamente. Cassiopeia A quindi non può accelerare le particelle a energie superiori, a meno che non ci siano meccanismi che sfidano le attuali conoscenze.
Lo studio che ha permesso di arrivare a questa conclusione è stato guidato dagli scienziati dell'Istituto per le scienze spaziali (Ice - Ieec-Csic, Csic), l'Istituto di fisica d'Altes Energie (Ifae) e l'Istituto di scienze cosmiche dell'Università di Barcellona Iccub), in Spagna, ed è basato su più di 160 ore di dati ottenuti tra il dicembre 2014 e l'ottobre 2016 dai telescopi Magic. Come dimostra questo studio, Magic, grazie alla sua larga banda e all'ottima sensibilità alle alte e altissime energie, rappresenta in questo momento lo strumento migliore per studiare e comprendere molti di quei meccanismi del cosmo che sono ancora misteriosi.
“Probabilmente per capire come funzioni un acceleratore cosmico occorrerà studiare altre variabili, e Magic è lo strumento ideale, almeno fino a quando il Cherenkov Telescope Array Cta non sarà pienamente operativo”, commenta Barbara De Lotto, responsabile Infn dell’esperimento Magic. “I ricercatori dell'Inaf e dell'Infn contribuiscono in maniera sostanziale in questo campo sia attraverso la partecipazione a Magic che a Cta e al progetto Astri, ma anche con la partecipazione ai grandi osservatori spaziali quali Agile e Fermi”, sottolinea Angelo Antonelli, responsabile Inaf presso la collaborazione Magic e da poco responsabile dello Space Science Data Center dell'Agenzia Spaziale Italiana (Asi). [Antonella Varaschin]