Voci dell'Universo
di Paolo Lipari

La scoperta

La storia, anzi la preistoria, dei raggi cosmici ha inizio alla fine dell'Ottocento. I fisici avevano da poco compreso che la materia è composta di atomi e che la carica elettrica ha una struttura "granulare", si presenta cioè solo in multipli interi di una carica elementare indivisibile. Nel 1897 il fisico inglese Joseph J. Thomson aveva scoperto una particella di massa piccolissima: l'elettrone, identificata come la portatrice dell'unità fondamentale di carica negativa. L'elettrone era una componente dell'atomo: quest'ultimo cessava dunque di essere "indivisibile" e mostrava di possedere una struttura interna.
Diversi esperimenti dimostrarono che l'aria (come gli altri gas) è sempre, sia pure debolmente, "ionizzata", contiene cioè una piccola percentuale di elettroni liberi e di ioni positivi (atomi che hanno perso uno o più elettroni). Poiché gli elettroni e gli ioni positivi tendono a ricombinarsi per formare atomi neutri, qualcosa, una forma di radiazione, doveva agire sulla materia per estrarre in continuazione gli elettroni dagli atomi. Una possibile sorgente per questa "radiazione ionizzante" era stata appena scoperta da Henri Bequerel e da Pierre e Marie Curie: la radioattività. I raggi alfa, beta e gamma emessi dai nuclei delle sostanze radioattive sono particelle di grande energia, anche milioni di volte più grande di quella trasportata dai fotoni del Sole. Quando particelle così energetiche penetrano nella materia creano scompiglio nelle nuvole di elettroni che circondano i nuclei, e si lasciano dietro una scia di elettroni liberi e atomi ionizzati. L'ipotesi che la ionizzazione dell'aria sia dovuta in buona parte all'esistenza di tracce di sostanze radioattive contenute nell'aria e nei diversi materiali terrestri è corretta, ma non è tutta la storia. Per oltre un decennio gli esperimenti di fisici in diversi Paesi dell'Europa portarono a risultati contraddittori. Un pioniere in questa ricerca è stato Domenico Pacini. L'esperimento decisivo, però, avvenne il 7 agosto del 1912. Alle sei del mattino di quel giorno un pallone si sollevò dalla città di Aussig in Austria. Il pallone volò per due ore e mezza, superando la quota di 5.000 metri. A bordo c'erano un pilota, un meterologo e il fisico Victor Hess, che aveva con sé gli strumenti per misurare la ionizzazione dell'aria. Sorprendentemente la ionizzazione ad alta quota risultò maggiore che al suolo. La conclusione di Hess fu: "I risultati delle mie osservazioni si spiegano meglio assumendo che una radiazione di alto potere ionizzante entri dall'alto nella nostra atmosfera". Nel 1936 Victor Hess ricevette il premio Nobel per la scoperta dei raggi cosmici.

a.
Hess durante una lezione mostra ai suoi studenti l’apparato per la rivelazione dei raggi cosmici.

Chiarire la natura di questa misteriosa radiazione richiese più di venti anni. Oggi sappiamo che i raggi cosmici sono particelle di varia natura elettricamente cariche, o neutre come nel caso dei fotoni e dei neutrini, che arrivano continuamente sulla Terra da tutte le direzioni. I raggi cosmici hanno uno spettro di energia che si estende fino a valori straordinari, anche decine di milioni di volte più grandi di quanto si riesce a ottenere in macchine acceleratrici come il Large Hadron Collider (Lhc) del Cern di Ginevra.
La maggior parte della componente elettricamente carica dei raggi cosmici (circa il 90%) è costituita da protoni. Gli elettroni sono solo una frazione di qualche per cento, mentre il resto è composto da nuclei atomici completamente ionizzati, privati cioè del loro involucro di elettroni. È anche presente una piccola, ma molto importante, quantità di antimateria: antiprotoni e antielettroni.
L'isotropia dei raggi cosmici carichi è la conseguenza dei campi magnetici che permeano la nostra galassia e lo spazio intergalattico. Questi campi deviano la traiettoria delle particelle cariche, e "mescolano" le loro direzioni. Mentre il cielo visto con fotoni (che viaggiano in linea retta) ci appare puntellato di stelle, galassie e altre sorgenti, il cielo visto con i raggi cosmici appare splendere con una luminosità diffusa e uniforme.
Determinare la composizione dei raggi cosmici è difficile perché essi non raggiungono direttamente la superficie della Terra. Le particelle che arrivano dalle lontane sorgenti astrofisiche (la radiazione "primaria") interagiscono ad alta quota (a circa 15-20 km di altezza) con gli atomi dell'aria. In queste violente interazioni l'energia di una particella primaria si suddivide tra molte particelle secondarie di diverso tipo, create nell'interazione stessa. Le particelle secondarie, viaggiando attraverso l'aria, possono a loro volta interagire (o decadere spontaneamente) e produrre ancora altre particelle.

b.
Rappresentazione schematica di uno sciame di raggi cosmici prodotto quando una particella primaria (in questo caso un protone) interagisce con i nuclei dell’atmosfera terrestre. Nella realtà, gli sciami possono essere composti anche da milioni di particelle, con una complessa storia di interazioni a catena, produzioni, assorbimenti o decadimenti spontanei.

Gran parte di questa radiazione "secondaria" è assorbita nell'atmosfera, ma una piccola frazione arriva al suolo sotto forma di una miscela di particelle di diverso tipo: fotoni, elettroni, positroni, muoni e neutrini, ma anche "pioni", "kaoni" e altre strane bestie del mondo microscopico. Un bel rompicapo per i fisici della prima metà del ventesimo secolo, che non conoscevano l'esistenza di queste particelle e nemmeno le leggi che determinano il loro comportamento.
La fisica delle particelle elementari nasce da questi studi sulla radiazione secondaria prodotta dai raggi cosmici. Una svolta si ebbe nel 1931, quando Carl Anderson scoprì nella radiazione cosmica particelle con la massa dell'elettrone ma carica elettrica positiva. Poco tempo prima Paul Dirac, sulla base di considerazioni puramente teoriche, aveva previsto l'esistenza dell'antielettrone. Anderson, senza conoscere la teoria di Dirac, lo aveva trovato e per questa scoperta condivise il Nobel con Victor Hess. Negli anni successivi tra i raggi cosmici dovevano essere scoperte altre nuove e insospettate particelle: i muoni, i pioni, le particelle "strane" K e Lambda. Lo studio dei prodotti secondari dei raggi cosmici è favorito se gli strumenti vengono posti il più in alto possibile, più vicino cioè alla quota dove le particelle primarie interagiscono.
Questo ha portato allo sviluppo di laboratori ad alta quota sulle Alpi e su altre catene montuose in tutto il mondo.

L'Universo delle alte energie

c.
L’Universo “violento”. Questa nuvola di gas (il resto della supernova N132D) di forma approssimativamente sferica si sta espandendo alla velocità di oltre 2.000 km al secondo ed è tutto ciò che rimane di una stella massiva (10-15 volte più pesante del Sole) a circa 3.000 anni dalla sua esplosione. L’onda d’urto delle esplosioni di supernova è un probabile sito di accelerazione dei raggi cosmici.

Il problema centrale della fisica dei raggi cosmici rimane ancora oggi aperto. Qual è la loro origine? Come ottengono le loro straordinarie energie?
Esiste una relazione fondamentale tra la temperatura di un corpo e lo spettro e l’intensità della radiazione elettromagnetica che esso emette. La scoperta e comprensione di questa relazione (la legge del corpo nero) all’inizio del ’900 da parte di Max Planck e Albert Einstein è il primo capitolo della rivoluzione scientifica della Meccanica Quantistica. Tanto maggiore è la temperatura di un corpo, tanto maggiore è l’energia media dei fotoni che irradia.
La luce delle stelle ci permette ad esempio di stimare la temperatura della loro superficie. La luce bianco-gialla del Sole ci dice che la sua superficie è a circa 6.000 °C, le stelle blu sono un po’ più calde, quelle rosse un po’ più fredde. L’emissione dei raggi cosmici, invece, non è determinata dalla temperatura della loro sorgente, ma da processi di natura differente. I raggi cosmici possono, infatti, avere un’energia anche cento miliardi di miliardi (1020) di volte più elevata dei fotoni del Sole, e nessun luogo nell’Universo attuale ha una temperatura così straordinaria.
Si pensa oggi che le sorgenti dove i raggi cosmici sono accelerati corrispondano e traccino i luoghi dove avvengono i processi più violenti nell’Universo, dove grandi masse sono accelerate e si scontrano. In questi cataclismi cosmici si formano gli intensi campi elettrici capaci di accelerare particelle cariche fino a grandissime energie. L’opinione più diffusa è che la maggior parte dei raggi cosmici siano accelerati dalle esplosioni di supernova. Queste gigantesche esplosioni avvengono quando il nocciolo interno di una stella alla fine della sua vita collassa sotto il suo stesso peso. Quando la materia del nocciolo raggiunge e supera la densità della materia nucleare, si produce un colossale “rimbalzo”, un’immensa esplosione che lancia nello spazio interstellare l’involucro esterno della stella alla velocità di migliaia di chilometri al secondo. Sono queste esplosioni che “seminano” lo spazio con gli elementi come carbonio, ossigeno e altri, che sono sintetizzati dalle reazioni nucleari nel centro delle stelle. La teoria suggerisce che all’onda d’urto generata da questa violentissima espulsione di materia siano associati i campi elettromagnetici che accelerano i raggi cosmici. Le particelle verrebbero accelerate fino ad altissime energie gradualmente, in numerosi piccoli passi mentre attraversano e riattraversano l’onda d’urto dell’esplosione, continuamente deviate da campi magnetici turbolenti. I concetti fondamentali di questa teoria dell’accelerazione dei raggi cosmici sono stati formulati da Enrico Fermi in un celebre lavoro del 1949, uno dei numerosi e importantissimi contributi di colui che è stato uno dei maggiori scienziati del ventesimo secolo.

d.
Enrico Fermi diede un importante contributo alle teorie sui raggi cosmici con un’ipotesi dei meccanismi di accelerazione, che è stata confermata da recenti osservazioni proprio del satellite che la Nasa ha dedicato al grande fisico italiano.

Le esplosioni di supernova non sono gli unici oggetti, o eventi astrofisici, che possono produrre raggi cosmici. Le regioni centrali di particolari galassie (dette nuclei galattici attivi) rilasciano grandi quantità di energia, quando la materia di gas interstellare e di stelle disintegrate precipita verso giganteschi buchi neri (con una massa anche di miliardi di masse solari) che formano il centro di queste galassie. Ci sono indicazioni che i raggi cosmici di energia più elevata siano formati proprio in questi mostruosi sistemi. Altri candidati per l'accelerazione dei raggi cosmici sono i cosiddetti lampi gamma (o Gamma Ray Bursts), le pulsar, i microquasar. I lampi gamma sono uno dei fenomeni più sorprendenti ed enigmatici osservabili nel cielo. Sono stati scoperti, per puro caso, alla fine degli anni '60 dai satelliti militari americani Vela, che monitoravano la superficie della Terra alla ricerca di possibili esplosioni nucleari segrete. Per un tempo brevissimo (da qualche centesimo a qualche centinaio di secondi) un punto nel cielo si illumina in un intensissimo "lampo" di radiazione gamma, che durante la sua breve durata supera in luminosità il resto dell'Universo visibile. Al violento lampo iniziale segue un'emissione più debole che decresce gradualmente nel tempo, scomparendo in pochi giorni o settimane. I lampi sono il risultato di esplosioni cosmiche ancora più potenti delle supernovae, e sono per questo gli oggetti più lontani mai visti dalla Terra. L'origine di queste esplosioni potrebbe essere il collasso gravitazionale di stelle supermassive, oppure la coalescenza (dovuta alla radiazione di onde gravitazionali) di un sistema binario formato da due stelle di neutroni per formare un buco nero. La prima pulsar mai scoperta "ticchettava" trenta volte al secondo. Jocelyn Bell, la giovane astronoma che operava il telescopio radio che aveva registrato il fenomeno non poteva credere ai suoi "occhi". Che cosa poteva produrre un fenomeno periodico così rapido? Era forse il segnale radio di una civiltà extraterrestre? Il mistero venne chiarito in breve tempo.

e.
Rappresentazione artistica di un microquasar, un sistema binario formato da un buco nero in orbita ravvicinata con una stella “normale”. La materia della stella, precipitando nel buco nero, acquista energia cinetica. Parte di questa energia energia è riemessa sotto forma di due jet di radiazione e materia emessi lungo l’asse di rotazione del buco nero. All’emissione dei jet è associata l’accelerazione di particelle.

Le esplosioni di supernova non sono gli unici oggetti, o eventi astrofisici, che possono produrre raggi cosmici. Le regioni centrali di particolari galassie (dette nuclei galattici attivi) rilasciano grandi quantità di energia, quando la materia di gas interstellare e di stelle disintegrate precipita verso giganteschi buchi neri (con una massa anche di miliardi di masse solari) che formano il centro di queste galassie. Ci sono indicazioni che i raggi cosmici di energia più elevata siano formati proprio in questi mostruosi sistemi. Altri candidati per l’accelerazione dei raggi cosmici sono i cosiddetti lampi gamma (o Gamma Ray Bursts), le pulsar, i microquasar. I lampi gamma sono uno dei fenomeni più sorprendenti ed enigmatici osservabili nel cielo. Sono stati scoperti, per puro caso, alla fine degli anni ’60 dai satelliti militari americani Vela, che monitoravano la superficie della Terra alla ricerca di possibili esplosioni nucleari segrete. Per un tempo brevissimo (da qualche centesimo a qualche centinaio di secondi) un punto nel cielo si illumina in un intensissimo “lampo” di radiazione gamma, che durante la sua breve durata supera in luminosità il resto dell’Universo visibile. Al violento lampo iniziale segue un’emissione più debole che decresce gradualmente nel tempo, scomparendo in pochi giorni o settimane. I lampi sono il risultato di esplosioni cosmiche ancora più potenti delle supernovae, e sono per questo gli oggetti più lontani mai visti dalla Terra. L’origine di queste esplosioni potrebbe essere il collasso gravitazionale di stelle supermassive, oppure la coalescenza (dovuta alla radiazione di onde gravitazionali) di un sistema binario formato da due stelle di neutroni per formare un buco nero. La prima pulsar mai scoperta “ticchettava” trenta volte al secondo. Jocelyn Bell, la giovane astronoma che operava il telescopio radio che aveva registrato il fenomeno non poteva credere ai suoi “occhi”. Che cosa poteva produrre un fenomeno periodico così rapido? Era forse il segnale radio di una civiltà extraterrestre? Il mistero venne chiarito in breve tempo. L'esplosione di una supernova produce delle minuscole stelle di neutroni con un raggio anche di pochi chilometri. Quando il nocciolo della stella in collasso gravitazionale si contrae, per la conservazione del momento angolare, la sua rotazione aumenta di velocità, come avviene a una pattinatrice che piroetta stringendo le braccia vicino al corpo. Le stelle di neutroni sono enormemente più piccole della stella prima della compressione e quindi ruotano velocissime, anche 1.000 volte al secondo. Questa veloce rotazione genera degli elevatissimi campi magnetici. Ne conseguono dei complessi fenomeni elettromagnetici in grado di accelerare particelle fino a energie elevatissime e che generano fasci ruotanti di fotoni che, come fari nella notte, ci illuminano periodicamente e ci appaiono pulsare. Questi fenomeni sottraggono energia alla pulsar che lentamente rallenta la sua rotazione. Un microquasar è un sistema binario composto da una stella normale in stretta orbita intorno a un buco nero (con massa alcune volte quella del Sole). Un "rivolo" di materia viene continuamente rubato alla stella e cade verso il buco nero. La caduta genera l'energia cinetica che alimenta l'emissione di radiazione, e si converte nell'accelerazione di particelle cariche fino a energie molto elevate. Lo studio delle sorgenti dei raggi cosmici è stato rivoluzionato dallo sviluppo di nuovi telescopi (come Fermi, Agile, Magic, Hess) in grado di osservare raggi gamma, cioè fotoni di alta e altissima energia. L'accelerazione dei raggi cosmici è, infatti, accompagnata dall'emissione di luce con un ampio spettro di energia, che "segnala" la loro produzione. L'accelerazione dei raggi cosmici è accompagnata dall'emissione non solo di fotoni ma anche di neutrini, particelle prive di carica e dotate di massa piccolissima, che giungono sulla Terra senza subire deviazione nel loro percorso e che interagiscono pochissimo con la materia. Per queste loro caratteristiche i neutrini sono degli ottimi messaggeri, perché conservano fino a noi, praticamente intatte, le informazioni sulle loro sorgenti e quindi su ciò che avviene nel nostro Universo.
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Tutti i colori dell’Universo


L'atmosfera che avvolge la Terra viene attraversata con limitato assorbimento solo dalla luce visibile, dall'infrarosso e dalle onde radio, mentre le onde di altre frequenze vengono quasi totalmente assorbite. Fino ai primi decenni del secolo scorso, quindi, il cielo poteva essere osservato solo a occhio nudo o con telescopi ottici, a lunghezze d'onda comprese tra i 400 e i 700 nm, tra il violetto e il rosso. Per vedere il cielo in altri "colori" era necessaria l'invenzione di altri strumenti. Alla fine degli anni '30 dello scorso secolo apparvero i primi radiotelescopi, in grado di sfruttare la trasparenza dell'atmosfera a lunghezze d'onda radio, tra 1 mm e 30 m; con tecniche interferometriche, sfruttando cioè i tempi di arrivo dei segnali su diverse antenne separate spazialmente, sono state ottenute dettagliatissime immagini del cielo. Ma per "vedere" l'Universo in tutta la sua varietà, anche alle frequenze dei raggi X o gamma, sono stati necessari gli strumenti tipici della fisica delle particelle. A partire dal 1948, essi vennero montati su razzi, dal 1964 su palloni stratosferici e, a partire dal 1970, su satelliti. Per i raggi gamma di altissima energia, apparati a terra rivelano i fotoni non direttamente, bensì osservando gli estesi sciami di particelle da essi prodotti nell'atmosfera. Nella figura, assieme all'andamento della percentuale di assorbimento in atmosfera delle onde elettromagnetiche alle diverse lunghezze d'onda, viene schematizzato il quadro degli strumenti "in azione", molti dei quali con importante partecipazione italiana e dell'Infn: per ognuno di essi, la banda indica l'intervallo di lunghezze d'onda (e, corrispondentemente, di energia) in cui essi riescono a "vedere", dalla Terra o nello spazio. Mettendo insieme le loro immagini, osserviamo finalmente l'Universo in tutti i suoi "colori". [C. S.]

 

Telescopi per raggi cosmici


Per proseguire gli entusiasmanti studi sulle particelle elementari in modo più controllato e in condizioni di osservazione più favorevoli i fisici iniziarono a costruire delle macchine acceleratrici in grado di produrre “raggi cosmici artificiali”, cioè fasci di particelle di alta energia. A partire dagli anni ’50 del secolo scorso, la fisica delle particelle si trasferisce così dai palloni e dagli osservatori in montagna a laboratori come quelli dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare o del Cern.

Ma lo studio dei raggi cosmici è proseguito. L’osservazione “diretta” delle particelle che arrivano dallo spazio richiede di porre i rivelatori al di sopra dell’atmosfera terrestre. Questo è possibile usando speciali palloni stratosferici che possono arrivare ai confini dell’atmosfera o, in modo più difficile ma più efficace, ponendo gli strumenti su satelliti in orbita attorno alla Terra. Recentemente il satellitePamela, lanciato il 15 giugno del 2006 dal cosmodromo russo di Baikonur ha ottenuto risultati molto importanti. Di grandissimo interesse sono le misure, con un dettaglio senza precedenti, dei flussi di antimateria (antielettroni e antiprotoni) nei raggi cosmici. Una parte di queste antiparticelle potrebbe essere, infatti, generata dall’invisibile materia oscura presente nella nostra galassia. Con il crescere dell’energia, il flusso dei raggi cosmici diventa sempre più piccolo e le osservazioni dirette diventano impossibili, perché gli strumenti che si possono mettere su un pallone o un satellite non sono sufficientemente grandi. Altre tecniche “indirette” sono possibili. Alle energie più elevate lo sciame prodotto da una singola particella primaria può contenere anche decine di miliardi di particelle secondarie. Una parte dello sciame raggiunge il suolo sotto forma di un disco sottile (qualche metro di spessore) e con un raggio che va da qualche centinaio di metri fino a qualche chilometro. Rivelatori al suolo possono osservare l’arrivo di uno sciame e ricostruire la direzione, l’energia e il tipo di particella primaria. L’aria attraversata dallo sciame assorbe energia dalle particelle e riemette istantaneamente una tenue luce di fluorescenza: nelle notti senza luna, telescopi speciali sono in grado di osservare questi deboli bagliori.
Per gli anni futuri si profila un’affascinante prospettiva: quella di studiare le sorgenti cosmiche di radiazione di alta energia, che sono poi i luoghi più estremi e violenti dell’Universo, con una combinazione di diversi “messaggeri”: la luce (in tutti i suoi “colori” o lunghezze d’onda), i neutrini e i raggi cosmici. Ma esiste anche un quarto importantissimo messaggero: le onde gravitazionali, vibrazioni dello spaziotempo che secondo le leggi della gravitazione di Einstein accompagnano l’accelerazione di grandi masse. Tutti questi studi ci consentiranno di mettere alla prova le leggi fisiche fondamentali.

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I raggi cosmici, la composizione

 

La composizione dei raggi cosmici che arrivano dallo spazio non è poi così diversa da ciò che ci circonda, nel nostro sistema solare. In figura, sono rappresentate le abbondanze relative (ponendo il silicio arbitrariamente a 100) dei primi elementi della tavola periodica, nel caso del Sistema Solare (barre magenta) e dei raggi cosmici primari (linea spezzata verde). La scala è logaritmica e la figura, a prima vista, potrebbe trarre in inganno: infatti, nel Sistema Solare l'idrogeno e l'elio rappresentano il 91,1% e l'8,8% rispetto al numero totale di nuclei, e tutti gli altri elementi contribuiscono per il rimanente 0,1%! Nei raggi cosmici, le proporzioni tra i vari elementi sono simili a quelle nel sistema solare, ma con alcune significative differenze; in particolare, nei raggi cosmici sono molto più abbondanti i nuclei leggeri, tra elio e carbonio, e quelli più leggeri del ferro: essi sono il risultato della frammentazione di nuclei più pesanti a seguito di urti con la materia interstellare. [C. S.]

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I raggi cosmici, le energie


Che energie hanno i raggi cosmici? La risposta è nella figura, nel caso delle particelle che arrivano dallo spazio, prima di interagire con l'atmosfera. Il grafico ci dice, per ogni energia E, quanti protoni con energia compresa tra "E – 0,5 GeV" ed "E + 0,5 GeV" attraversano, in 1 secondo, un'area di 1 metro quadrato, provenendo da direzioni comprese in un angolo solido unitario, cioè in 1 steradiante. Come si vede, i raggi cosmici coprono un grandissimo intervallo in energia, arrivano fino a 1021 eV (se un grammo d'acqua assorbisse tutta questa energia, la sua temperatura crescerebbe di 15 °C!) ma sono sempre più rari all'aumentare dell'energia. Il loro flusso diminuisce assai rapidamente, con un grafico che appare rettilineo a tratti (ma con cambi di pendenza in corrispondenza delle regioni convenzionalmente indicate come "ginocchio" e "caviglia"), solo perché ambedue gli assi, energia e flusso, sono in scala logaritmica. Come si vede dalla figura, contando le particelle con energia superiore a 1011 eV, oppure a 1018 eV, si passa da una particella a metro quadro al secondo a 1 particella a km2 all'anno, cioè con un fattore di riduzione pari a circa 30 mila miliardi! Energie così elevate non si possono raggiungere con gli acceleratori, nemmeno col Large Hadron Collider (Lhc) del Cern, dove l'energia massima raggiungibile dai protoni sarà di 7x1012 eV. Ben maggiore è però l'energia che a Lhc si sprigiona negli urti frontali tra due protoni: essa è la stessa che si otterrebbe facendo urtare un protone cosmico da 1017 eV contro un protone di un nucleo dell'alta atmosfera. Gli acceleratori perdono (per poco) la gara in energia, ma vincono (di molto) quella in intensità! I diversi simboli indicano i diversi esperimenti con cui sono stati raccolti i dati riportati nello schema. [C. S.]

 

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Radiazioni e salute


 

In figura sono rappresentate le varie sorgenti di radiazioni ionizzanti che contribuiscono alla dose media ricevuta in un anno da ciascun italiano, espresse nell'unità di misura appropriata, il Sievert. L'esposizione legata a esami radiodiagnostici è chiaramente un valore medio su tutto il campione, è assai diversa a seconda delle vicende personali, e rappresenta comunque una grossa parte della dose totale. Va notato però che anche la componente di origine naturale non è uniforme tra la popolazione, ma presenta ampia variabilità in base a molti fattori, quali la latitudine di residenza, la composizione geologica del suolo, i materiali di costruzione delle abitazioni e dei luoghi di lavoro, o l'altitudine sul livello del mare. Quest'ultima variabile è particolarmente rilevante nel caso dei raggi cosmici, che rappresentano circa il 10% del totale. Infatti, la radiazione che ci attraversa è costituita dagli sciami di particelle prodotte nell'atmosfera dai raggi cosmici primari, sciami che sono composti da un numero crescente di particelle man mano che penetrano nell'atmosfera, raggiungono un massimo intorno ai 10.000 metri per poi affievolirsi in prossimità della superficie terrestre. La dose ricevuta dal personale di volo delle compagnie aeree è significativamente superiore a quella dei pescatori! La vita convive da sempre con le radiazioni cosmiche: al livello del mare, ciascuno di noi è attraversato da un centinaio di particelle al secondo, per lo più muoni e, in minor misura, elettroni e positroni. Ci attraversano anche i neutrini, un numero sterminato di neutrini: il Sole ne produce qualcosa dell'ordine di 1038 al secondo, e sulla Terra ne arrivano quasi 100 miliardi al secondo, per ogni centimetro quadrato. Fortunatamente per noi, le loro interazioni con la materia sono estremamente rare, (attraversano senza alcun problema il pianeta Terra!): per i neutrini, siamo "trasparenti" e non ci creano alcun problema di salute. [C. S.]

 

1.
Fu lo scienziato austriaco Victor Hess a scoprire, nel 1912, l'esistenza dei raggi cosmici. Portando i suoi strumenti a 5.000 metri di quota, a bordo di un pallone aerostatico, potè osservare che il segnale prodotto dalle particelle cariche aumentava con l'altezza, a conferma della loro origine cosmica.

Biografia
Paolo Lipari è ricercatore all'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, sezione di Roma 1 La Sapienza. Da molti anni si interessa di quell'ambito della fisica che sta all'intersezione tra particelle, astrofisica e cosmologia.

 

Link
http://auger.cnrs.fr/presse/ScAm_jan97.html
http://pdg.lbl.gov/2008/reviews/cosmicrayrpp.pdf

 

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