Stormi di storni
Meccanismi del comportamento collettivo
di Massimiliano Viale


Come riescono gli uccelli a volare in stormo o i pesci a nuotare in banchi? Quali regole permettono ai pedoni di attraversare una strada senza scontrarsi o alle persone di muoversi in un corteo? Come fa una moda o una diceria a propagarsi tra i giovani?
La ricerca sul comportamento collettivo si occupa di studiare in generale tutti quei fenomeni in cui diverse entità, fisiche o biologiche, agiscono in maniera coordinata.
In certi casi questo comportamento è poco interessante e quasi del tutto scontato: per esempio, nel caso di animali che si dispongono in formazione per seguire un leader durante le migrazioni, o quando tutti i televisori sono sintonizzati sullo stesso canale, perché c’è la finale della Coppa del mondo. La natura complessa di questi fenomeni emerge invece quando il comportamento non dipende da fattori globali che polarizzano le scelte degli individui (la necessità di trovare del cibo o un’incessante pubblicità di un evento), ma scaturisce esclusivamente grazie a uno scambio locale di informazioni: ad esempio, il propagarsi di un “passaparola” che, come per i social network, connette individui apparentemente molto lontani tra loro. Un altro esempio è il “telefono senza fili”, un gioco in cui ci si dispone in cerchio, un giocatore pensa una parola o una frase e la sussurra nell’orecchio del proprio vicino, il quale a sua volta trasmette quello che ha compreso al prossimo giocatore e così via, per divertirsi poi a verificare quanto il messaggio iniziale sia stato distorto dalla catena di sussurri. Se fate questo gioco in una discoteca il forte rumore di sottofondo disturberà la trasmissione e ogni giocatore avrà compreso qualcosa di diverso. Se invece vi trovate in un luogo silenzioso, il messaggio sarà trasmesso quasi perfettamente: ogni giocatore avrà “interagito” solo con il proprio vicino, eppure, alla fine, tutti avranno inteso più o meno lo stesso messaggio, e gli individui saranno “correlati” tra loro.
Negli ultimi anni la fisica statistica, lo studio dei sistemi a molte particelle, si è rivelata molto utile nella comprensione di tali fenomeni. Prendiamo un ferromagnete che, in prima approssimazione, possiamo pensare come a un insieme di minuscoli aghi da bussola. Ogni ago è influenzato dal piccolo campo magnetico locale generato dai propri vicini che lo forza ad allinearsi con loro, in un certo senso a “imitarli”. Ma ad alte temperature (in discoteca), la forte agitazione termica disturba questo meccanismo e gli aghi tendono a orientarsi in direzioni casuali, senza generare quindi alcun tipo di magnetizzazione globale. Quando invece abbassiamo la temperatura al di sotto di una certa soglia (nel luogo silenzioso), gli aghi riescono ad allinearsi in gruppi via via sempre più grandi, il materiale si magnetizza e l’ordine emerge spontaneamente dal disordine. Il ferromagnetismo ha ispirato quasi tutti i modelli matematici volti a simulare le dinamiche collettive osservate in natura: l’idea è semplicemente quella di ridefinire la regola del “fai quello che fa il tuo vicino” in funzione del particolare fenomeno che si vuole riprodurre. Per gli stormi, ad esempio, una volta stabilito con chi ogni uccello interagisce (tutti quelli che distano da lui meno di una certa soglia e/o all’interno del suo campo visivo o semplicemente i suoi primi vicini), la regola potrebbe essere “allinea istante per istante la tua velocità con quella del tuo vicinato”.
Visualizzazione dei diversi tipi di interazione dell’uccello bianco al centroa.
Visualizzazione dei diversi tipi di interazione dell’uccello bianco al centro:
a) metrica: con tutti gli uccelli distanti meno di una certa soglia (uccelli gialli dentro il cerchio di interazione)
b) topologica: con i primi vicini in termini delle celle in cui è diviso lo spazio (cosiddette “celle di Voronoi”), indipendentemente dalla loro distanza (gli uccelli nelle celle più scure)
c) visuale: con tutti gli uccelli all’interno del campo visivo (cono)
 
Se poi aggiungiamo anche un “rumore” a disturbare l’imitazione, ecco che, in perfetta analogia con il ferromagnete, abbiamo introdotto una specie di temperatura, un parametro che ci permette di studiare anche il comportamento “critico” del sistema, quello a cavallo della transizione tra la fase disordinata e ordinata, dove avvengono le cose più sorprendenti. In questo regime non siamo più in grado di distinguere le differenze tra l’intero sistema e una sua piccola parte. Questa proprietà viene chiamata “invarianza di scala” e rende la maggior parte dei dettagli microscopici praticamente ininfluenti. Quasi tutto dipende tipicamente solo dalla dimensionalità e/o topologia del sistema (nel piano, nello spazio, su un frattale ecc.) e dalle caratteristiche delle variabili microscopiche utilizzate per descrivere lo stato di un singolo elemento (l’angolo formato dall’ago, il vettore velocità di un uccello, un bit a segnalare l’adesione a un evento). In questo modo una moltitudine di fenomeni apparentemente diversissimi tra loro possono essere raggruppati sulla base di poche e ben definite leggi di scala. Questo concetto di “universalità” fondato sull’idea di classificare i sistemi sulla base delle proprietà critiche è molto utile, perché ci autorizza a trascurare tutte quelle regole aggiuntive proposte per i modelli di stormi che, seppur ragionevoli e volte a garantire la sicurezza (“non scontrarti”) e la compattezza (“stai vicino”) di un gruppo, non sono realmente necessarie a spiegare i principi primi dai quali emerge il suo comportamento collettivo. Più vitale invece guardare alla rapidità con la quale i vicini si imitano. La presenza di inerzia, una generale resistenza a cambiare stato, permette infatti all’informazione di un eventuale cambio di stato locale di propagarsi come un’onda a tutto il gruppo, velocemente e senza attenuazioni. Al contrario (e controintuitivamente!), un’imitazione quasi istantanea diffonderebbe l’informazione lentamente per poi dissolverla, come il calore.
Ma c’è un aspetto ancora più fondamentale: nella fase critica i sistemi rispondono massimamente alle perturbazioni esterne. Questo significa, ad esempio, una maggiore capacità dello stormo di intraprendere collettivamente ed efficacemente le manovre evasive necessarie a difendersi dall’attacco di un falco pellegrino. L’evidenza sperimentale, poiché conferma la natura critica di diversi fenomeni naturali, spinge la ricerca allora ad avere anche altri obiettivi: non solo descrivere e prevedere il comportamento collettivo di certi sistemi biologici, ma anche i possibili motivi che ne hanno determinato l’evoluzione.
L’invarianza di scala è una proprietà tipica dei “frattali”b.
L’invarianza di scala è una proprietà tipica dei “frattali” e la natura ne offre moltissimi esempi: man mano che si fa un ingrandimento, si osservano strutture indistinguibili da quelle della felce iniziale.
 

Biografia

Massimiliano Viale ha una formazione in meccanica statistica e sistemi disordinati ed è ricercatore presso l’Istituto Sistemi Complessi (ISC) del CNR. Membro senior del gruppo CoBBS (Collective behaviour in biological systems), si occupa anche di inferenza statistica e teoria dell’informazione.


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DOI: 10.23801/asimmetrie.2022.32.3