La febbre dell’energia
Calorimetri e bolometri per rivelare particelle

di Ezio Previtali

a.
Otto “supermoduli” del calorimetro elettromagnetico dell’esperimento Cms, al Cern, durante l’installazione nell’apparato nel 2007.
Può sembrare difficile da comprendere, ma ogni secondo migliaia di particelle prodotte dalla radioattività o dai raggi cosmici interagiscono con il nostro corpo e in esso rilasciano tutta o parte della loro energia: ma noi non ce ne accorgiamo. Nessuno dei nostri sensi è in grado di rivelare la presenza di tali particelle e tanto meno di misurare quanta energia sia stata da esse rilasciata nel nostro organismo. Questo fatto si spiega facilmente, se si considera che sommando l’energia rilasciata da tutte quelle particelle in un secondo, si arriva a qualcosa dell’ordine di solo dieci miliardesimi dell’energia consumata dal corpo umano nello stesso tempo: una potenza troppo piccola da poter essere da noi avvertita. Per individuare queste particelle e misurare l’energia da esse rilasciata nell’attraversamento di un mezzo facciamo uso di specifici strumenti: i “rivelatori di particelle”. Questi strumenti sono in grado di convertire l’energia rilasciata dalle particelle in un segnale elettrico proporzionale all’energia stessa. Di fatto, l’energia rilasciata nel mezzo attraversato viene convertita in energia di altre particelle, il cui numero ed energia sarà strettamente legato a quella della particella primaria. Dobbiamo a questo punto distinguere i possibili meccanismi di interazione con il mezzo attraversato sulla base dell’energia e del tipo di particella. Gli elettroni di alta energia (> 10 MeV) interagiscono principalmente per Bremsstrahlung (“radiazione di frenamento”) generando fotoni di alta energia, che a loro volta interagiscono producendo coppie elettrone/positrone, i quali a loro volta generano fotoni e così via: questo processo genera i cosiddetti sciami elettromagnetici. Mano a mano che le generazioni di particelle si susseguono, l’energia da esse posseduta sarà sempre minore, fino ad arrivare a una soglia minima di energia sotto la quale questo processo di moltiplicazione non può più aver luogo. Anche le particelle adroniche, come i protoni, producono cascate di particelle: in questo caso l’interazione di un adrone con un nucleo produce adroni secondari che potranno ulteriormente interagire oppure decadere a seconda della loro vita media. All’interno degli sciami adronici si possono generare elettroni o fotoni che poi daranno vita a sciami elettromagnetici secondari. Volendo misurare l’energia dell’elettrone o dell’adrone che ha dato vita allo sciame, adronico o elettromagnetico che sia, dovremmo misurare le energie trasferite a tutte le particelle prodotte e sommarle tra di loro. Questo processo, per cui l’energia iniziale si può misurare degradandola in energie via via minori, ricorda il calorimetro della termologia, nel quale la misura della quantità di calore di un corpo si determina attraverso la quantità di ghiaccio che viene disciolta, disperdendo in tal modo il calore inizialmente posseduto dal corpo. Questo è il motivo per cui questi strumenti sono detti “calorimetri”: un calorimetro è un rivelatore in cui una particella incidente deposita tutta la sua energia sotto forma di sciame di particelle, ognuna con energia inferiore a quella primaria ma la cui somma è (nel caso ideale) uguale all’energia della particella iniziale. Normalmente solo una piccola frazione, costante, dell’energia depositata nel calorimetro viene trasformata in segnale. Per particelle che possiedono alta energia la bassissima efficienza con cui trasferiamo l’energia posseduta dalle particelle al segnale che possiamo rivelare non è così cruciale, in quanto il numero di particelle secondarie generate sarà così elevato da consentirci misure precise dell’energia. Ad esempio, gli sciami estesi che i raggi cosmici generano nell’atmosfera possono essere rivelati attraverso la “luce Cherenkov”, che viene emessa solo dalle particelle che viaggiano con velocità maggiore di quella della luce nell'aria (vd. A spasso per la Pampa, ndr). Quando vogliamo una misura molto precisa dell’energia iniziale, o quando questa energia è piccola, dell’ordine del MeV o meno, il segnale più accurato che possiamo rivelare è quello legato alla ionizzazione degli atomi che compongono la materia attraversata dalla particella incidente. In questo modo, dalla perdita di energia vengono liberati elettroni, i quali contribuiscono alla formazione di un segnale elettronico proporzionale all’energia iniziale. Ma anche in questo caso otteniamo comunque un’efficienza relativamente bassa: nella migliore delle ipotesi il rapporto tra l’energia iniziale e quella effettivamente raccolta dal segnale risulta essere di un terzo. Volendo misurare particelle con energie ancora più basse, sulla scala del keV, risulterà necessario migliorare ulteriormente il meccanismo di trasferimento di energia dalla particella al segnale rivelato. Ma dove finisce tutta l’energia che non viene trasferita agli elettroni ionizzati? Semplicemente va ad aumentare l’agitazione termica del materiale del rivelatore, aumentando, seppur impercettibilmente, la sua temperatura. Misurando quindi la variazione di temperatura del materiale prodotta dalla particella interagente, di fatto, misureremmo integralmente la sua energia. Esiste un rivelatore in grado di effettuare questa misura: il cosiddetto “bolometro”. In esso si misura la variazione di temperatura indotta dall’interazione di una particella: tale variazione sarà proporzionale all’energia rilasciata rapportata alla capacità termica, che rappresenta l’inerzia termica dell’oggetto. Se la capacità termica è sufficientemente piccola anche l’energia rilasciata da una particella produce una variazione di temperatura apprezzabile.
 
b.
Rappresentazione artistica del funzionamento di un bolometro: il materiale di cui è costituito (solitamente una struttura cristallina) è rappresentato dal liquido contenuto in un recipiente. La linea ondulata rappresenta la particella che trasferisce in un urto parte della sua energia cinetica a un nucleo del materiale. La sua energia cinetica viene termalizzata attraverso vibrazioni trasmesse al resto del materiale, che viene complessivamente riscaldato. Questo riscaldamento viene misurato da un particolare termometro (rappresentato come un comune termometro a mercurio) in grado di apprezzare variazioni di temperatura dell’ordine del milionesimo di grado.

 

Per ottenere questo scopo i bolometri sono raffreddati a temperature molto basse, prossime allo zero assoluto (-273,14 gradi Celsius), e, sfruttando opportuni “termometri”, si apprezzano variazioni di temperatura dell’ordine del milionesimo di grado, ottenendo così strumenti particolarmente sensibili alla misura dell’energia delle particelle. In questo modo possiamo affermare che il bolometro risulta essere l’unico vero calorimetro, capace cioè di misurare integralmente l’energia della particella che con esso ha interagito. Un esperimento che utilizza dei bolometri per misurare l’energia delle particelle è Cuore (vd. Assenti giustificati, ndr.), che recentemente ha iniziato a raccogliere dati ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso. In questo esperimento si devono misurare con grande precisione le energie degli elettroni di un particolare decadimento del tellurio, che depositano complessivamente circa 2500 keV. Questa energia riscalda i cristalli di appena cento milionesimi di grado. L’esperimento è costituito da 988 cristalli di tellurio che devono essere raffreddati a circa 10 mK ed è dedicato alla ricerca del rarissimo fenomeno del doppio decadimento beta senza emissione di neutrini. Rivelare questo processo consentirebbe non solo di determinare la massa dei neutrini, ma anche di dimostrare la loro eventuale natura di particelle di Majorana, fornendo una possibile spiegazione della prevalenza della materia sull’antimateria nell’universo.

 
c.
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella riceve in omaggio un cristallo dell’esperimento Cuore dal Presidente Infn Fernando Ferroni, durante la visita ai Laboratori del Gran Sasso (Lngs) del 15 gennaio scorso.

 

Biografia
Ezio Previtali è ricercatore dell’Infn presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca. Ha partecipato allo sviluppo dei rivelatori bolometrici di particelle fin dagli albori ed è stato uno dei promotori dell’esperimento Cuore, il più grande rivelatore criogenico di particelle mai costruito. Partecipa attivamente agli esperimenti Cupid (di cui è responsabile nazionale) e Juno.

 

Link
http://people.na.infn.it/~barbarin/MaterialeDidattico/00+approfondimento%20corso%20rivelatori%20/rilevatoriparticelle.pdf


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DOI: 10.23801/asimmetrie.2018.24.9
 

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