Anche gli ammassi di galassie brillano di luce gamma. Questa è la conclusione cui è giunto un gruppo composto da ricercatori dell’Inaf, dell’Infn, delle Università di Roma Tre, Torino, Aachen, Manchester, Pechino e della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (Sissa), analizzando i dati raccolti in sei anni e mezzo di missione dal telescopio spaziale della Nasa Fermi, cui l’Italia partecipa con l’Agenzia Spaziale Italiana (Asi), l’Inaf e l’Infn. Il team ha utilizzato le osservazioni condotte dallo strumento Large Area Telescope (Lat) di Fermi nella banda dei raggi gamma di altissima energia: la loro elaborazione ha permesso di identificare diversi tipi di sorgenti astrofisiche. Tra quelle extragalattiche ci sono prevalentemente i nuclei galattici attivi, mentre mancano all’appello gli ammassi di galassie, oggetti la cui emissione è stata identificata in tutte le altre bande dello spettro, compresa quella dei raggi X.
L’obiettivo di questo studio è stato quello di identificare la radiazione gamma prodotta dagli ammassi di galassie analizzando la componente diffusa delle mappe di Fermi, ovvero la radiazione gamma non associata a sorgenti note. «Abbiamo identificato un eccesso di emissione in banda gamma associato alla posizione degli ammassi di galassie già noti». Spiega Enzo Branchini, professore dell’Università Roma Tre e associato Inaf, primo autore dello studio pubblicato oggi sulla rivista The Astophysical Journal Supplement. "La nostra analisi è di natura statistica e utilizza la stessa tecnica che abbiamo applicato con successo per studiare la natura del fondo gamma diffuso, vincolando contestualmente le caratteristiche della materia oscura. Con la stessa metodologia abbiamo ora rivelato e studiato l’emissione nella banda dei raggi gamma associata agli ammassi di galassie". [Eleonora Cossi]