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Energia e temperatura nell’evoluzione dell’universo

di Sabino Matarrese


a.
In una calda e limpida giornata estiva la radiazione emessa dal Sole, la cui superficie esterna ha una temperatura di circa 6000 K, cede energia alle molecole d'aria e la temperatura dell'aria può raggiungere anche 43°C (ovvero 316 K). Questa equivalenza tra energia e temperatura vale in tutti i sistemi fisici, anche nell’universo primordiale.

Il modello cosmologico standard viene anche chiamato – non a caso – “modello dell’hot Big Bang”. La parola “hot” rappresenta qui una sorta di bandiera, posta a ricordo di una battaglia scientifica, vinta da chi sosteneva che l’universo nel suo passato fosse stato molto più caldo dell’universo attuale, contro i fautori del modello detto “dello stato stazionario”, secondo i quali l’universo sarebbe stato caratterizzato da un tasso costante di espansione, grazie alla continua creazione di materia-energia, e che fosse un universo eterno e immutabile. La diatriba tra queste due scuole di pensiero si concluse a metà degli anni ’60, soprattutto grazie alla scoperta da parte dei due radioastronomi americani Arno Penzias e Robert Wilson dell’esistenza di una radiazione cosmica di fondo termica nella banda delle microonde, a una temperatura di circa 2,7 K (circa 270° C sotto lo zero). Questa radiazione viene oggi unanimemente interpretata come il residuo fossile di epoche cosmiche primordiali, durante le quali la materia ordinaria, o barionica (formata da protoni, elettroni, ecc.), era in equilibrio termodinamico con la radiazione. In condizioni di equilibrio, ad ogni temperatura T (espressa in Kelvin) corrisponde una scala di energia E, secondo l’equazione E = kT, dove k = 1,38 x 10-23 J/K è la costante di Boltzmann. Grazie a questa equazione capiamo immediatamente che l’affermazione secondo la quale nell’universo primordiale sono state possibili temperature elevatissime implica che le particelle elementari allora presenti hanno potuto raggiungere energie elevatissime: in tali condizioni l’intero universo si presenta quindi come un infinito acceleratore di particelle, capace di raggiungere scale di energia inaccessibili perfino ai nostri più avanzati laboratori terrestri.

 


 
L’equilibrio tra materia e radiazione fu successivamente rotto, quando si raggiunsero le condizioni adatte alla formazione dei primi atomi di idrogeno neutro, con la conseguente quasi totale scomparsa degli elettroni liberi (con i quali i fotoni della radiazione cosmica possono più facilmente interagire). Questo evento, chiamato ricombinazione dell’idrogeno, avviene quando l’universo ha raggiunto un’età di circa 380 mila anni (da confrontarsi con l’età attuale dell’universo, pari a 13,8 miliardi di anni!) e porta presto al “disaccoppiamento” tra materia e radiazione. Successivamente al disaccoppiamento, non dovendo più sottostare alla legge di evoluzione termica imposta dalla radiazione, la materia ordinaria si raffredda molto rapidamente, creando così le pre- condizioni per la contrazione gravitazionale che porterà alla formazione delle prime stelle. La radiazione cosmica continua nel suo lento processo di raffreddamento e rarefazione causato dall’espansione cosmica (vd. in Asimmetrie n. 15 Foto d'epoca, ndr), come se nulla fosse accaduto (con una breve parentesi dovuta alla reionizzazione dell’idrogeno in epoche relativamente più recenti), fino a raggiungere oggi quei 2,7 K sopracitati. Torniamo però a interessarci della storia termica dell’universo (vd. fig. b) antecedente al disaccoppiamento della materia dalla radiazione. Se procediamo a ritroso nel tempo fino a qualche secondo dopo il Big Bang (l’origine – se non altro convenzionale – dei tempi), incontriamo un altro evento di importanza fondamentale: la nucleosintesi primordiale degli elementi leggeri, ovvero dell’elio e di altri elementi quali deuterio, trizio e litio. Fu proprio la necessità di spiegare la grande abbondanza in massa dell’elio (circa un quarto dell’intera massa in materia ordinaria) a convincere alcuni scienziati del secolo scorso, primo fra tutti George Gamow, a ipotizzare l’esistenza di una fase calda nell’universo primordiale, di cui avremmo dovuto trovare oggi testimonianza sotto forma di radiazione fossile a pochi gradi Kelvin! La teoria di Gamow e collaboratori fu poi confermata dalla scoperta di Penzias e Wilson, i quali per questo motivo furono insigniti del premio Nobel nel 1978. Il processo di nucleosintesi primordiale si compie nei primi minuti di vita dell’universo. Poco prima della nucleosintesi primordiale incontriamo un altro evento significativo: il disaccoppiamento dei neutrini dal resto dell’universo, ovvero la perdita della loro capacità di interagire con le altre particelle del fluido cosmico.
 
b.
La storia termica dell’universo, con la scala delle temperature/energie corrispondenti alle epoche principali e quella dei tempi trascorsi dal Big Bang.
 
Tale fenomeno avviene, perché i neutrini sono sensibili alle sole interazioni nucleari deboli, che diventano inefficaci quando la temperatura media dell’universo scende al di sotto di una decina di miliardi di Kelvin, che si raggiunge quando l’universo compie i suoi primi secondi di vita. Sebbene molti dati ci portino a concludere che i neutrini rappresentino oggi una componente decisamente minoritaria dal punto di vista del “budget” energetico cosmico, il loro ruolo nel passato non è stato affatto trascurabile: basti ricordare che il contributo energetico dei neutrini alla radiazione in epoche primordiali è stato a lungo dominante. Oggi, i neutrini di origine cosmica formano un fondo, rivelabile indirettamente dallo studio della distribuzione delle strutture cosmiche e degli effetti che esso ha sulle anisotropie (minuscole fluttuazioni in temperatura nelle diverse direzioni di osservazione) della radiazione cosmica di fondo alle microonde. Quest’ultimo effetto è stato recentemente confermato dai risultati dell’analisi dei dati raccolti dal satellite Planck dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa). Questi risultati, assieme all’accordo tra le predizioni della teoria con le osservazioni sull’abbondanza degli elementi leggeri, ci confermano che siamo in grado di ricostruire con grande precisione la storia termica dell’universo a partire da pochi secondi dopo il Big Bang. Ma le nostre conoscenze teoriche attuali e molti riscontri osservativi consentono di risalire ancora più indietro nel tempo, fino a speculare sullo stato del cosmo e sui processi fisici avvenuti 10-33 secondi (ovvero qualche milionesimo di miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di secondo) dal Big Bang. In epoche precedenti alla nucleosintesi la storia termica del cosmo è stata caratterizzata da una sequenza di transizioni di fase.
 
c.
Il satellite Planck nel 2009, prima del suo lancio nello spazio.
Questo fenomeno è legato a uno dei concetti più importanti della fisica delle particelle elementari degli ultimi decenni: la scoperta della rottura spontanea di alcune simmetrie. Un esempio fra tutti: la rottura della simmetria elettrodebole, a causa della quale la forza nucleare debole a basse energie si manifesta come interazione a corto range, al contrario della forza elettromagnetica, capace di farsi sentire fino a lunghe distanze. Ebbene, nell’universo primordiale le scale di energia coinvolte sono così elevate, da rimettere in gioco la sottostante simmetria che unifica queste due forze, restituendo a entrambe la capacità di agire a lungo range. Questa transizione, che dalla fase di simmetria restaurata ad alta temperatura porta alla fase di simmetria rotta, avviene quando l’universo è estremamente giovane: circa un decimo di miliardesimo di secondo dal Big Bang. A temperature ben più elevate (circa cento mila miliardi di volte maggiori) si ipotizza vi sia stata un’altra transizione di fase, legata alla cosiddetta Grande Unificazione tra forza forte, debole ed elettromagnetica, come predetto dalle teorie Gut (vd. in Campi di luce, ndr). Entriamo qui nel regno delle ipotesi più affascinanti. Si ipotizza infatti che a queste energie l’universo abbia sperimentato una brevissima espansione accelerata: brevissima ma gravida di conseguenze su tutto ciò che abbiamo fin qui raccontato. Stiamo parlando di quello che i cosmologi chiamano inflazione, una crescita esponenziale delle scale di lunghezza cosmiche grazie alla quale si sono generate tutte le caratteristiche osservabili dell’universo che oggi osserviamo: dalla sua rassicurante uniformità su grande scala, giù fino a tutta la complessità delle strutture cosmiche, strutture formate a partire da “semi” primordiali, che avrebbero avuto origine proprio da quella rapidissima fase di espansione inflazionaria grazie a minuscole oscillazioni quantistiche del vuoto. Con l’inflazione ci siamo spinti indietro fino ai fatidici 10-33 secondi sopra ricordati. Cos’è avvenuto prima dell’inflazione? L’universo ha attraversato fasi di espansione caratterizzate da temperature e scale di energie ancor più elevate? È veramente esistito un inizio dei tempi con le caratteristiche del Big Bang? L’inflazione porta con sé un “bonus” formidabile: essa cancella di fatto ogni memoria delle fasi precedenti, così che la risposta a tali domande non è più rilevante ai fini della storia termica successiva e delle condizioni attuali dell’universo.
 

Biografia
Sabino Matarrese è professore ordinario di Astrofisica e Cosmologia dell’Università di Padova. Ha svolto attività di ricerca in ambito cosmologico anche presso la Sissa (Trieste) e l’Mpa (Garching). È membro del gruppo di ricerca della missione Planck dell’Esa.

 

Link
http://www.damtp.cam.ac.uk/research/gr/public/bb_history.html


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