[as] traiettorie
AMS a cuore aperto
di Matteo Massicci

Il lanciatore Falcon 9 e la capsula Dragon di Space X durante il trasferimento sulla rampa di lancio di Cape Canaveral

Nel 2019 AMS-02 è stato sottoposto a una serie di complicati interventi di manutenzione nel corso di quattro attività extra-veicolari (EVA), le quali hanno richiesto una lunga e attenta pianificazione e la realizzazione di procedure e strumenti espressamente dedicati allo scopo. Uno scrupoloso lavoro, che ha visto la stretta collaborazione tra gli scienziati della collaborazione AMS-02 e l’astronauta italiano dell’ESA Luca Parmitano, responsabile, insieme al collega della NASA Andrew Morgan, delle operazioni di riparazione e aggiornamento del rivelatore.

[as]: Quando matura l’idea di estendere l’operatività di AMS-02 attraverso delle riparazioni in orbita?

 

[Luca Parmitano]: Già nel 2015 fui contattato da chi si occupa di organizzare le EVA per esprimere un’opinione rispetto alla possibilità di effettuare le riparazioni del rivelatore in orbita. La mia risposta, come immagino quella di tutti gli altri astronauti interpellati, fu che le operazioni si sarebbero potute effettuare con l’utilizzo degli strumenti adeguati. Questa fase preliminare si è protratta fino all’inizio del 2018, quando fui assegnato come numero due delle EVA e iniziai un primo addestramento adatto a svolgere questo compito.

 

[as]: In che modo si è svolto il tuo addestramento di preparazione alla missione e quando è iniziato?

 

[LP]: L’inizio dell’addestramento in vista degli interventi in orbita su AMS è coinciso con l’affidamento dell’incarico a svolgere in prima persona l’attività. La preparazione si è articolata in quattro momenti distinti: a partire da quello condotto in acqua, nella Neutral Buoyancy Laboratory Facility, dove abbiamo verificato che gli spostamenti della coreografia programmata fossero corretti ed eseguibili; per proseguire con le esercitazioni all’aperto su ARGOS, un sistema di sospensioni molto complesso, che consente di simulare la condizione di microgravità, grazie al quale è stato possibile fare pratica con un modello realistico di AMS, sul quale mi sono addestrato sulle vere operazioni di taglio e giuntura. Il periodo conclusivo dell’addestramento si è invece concentrato sulle esercitazioni relative allo spostamento del braccio robotico della stazione spaziale, una delle componenti essenziali delle EVA, in realtà virtuale, e sul controllo degli strumenti.

Luca Parmitano, attaccato al braccio robotico “Canadarm2”, tiene in mano l’UTTPS da installare su AMS-02.b.
Luca Parmitano, attaccato al braccio robotico “Canadarm2”, tiene in mano l’UTTPS da installare su AMS-02.
 

[as]: Quali erano gli obiettivi delle quattro EVA di riparazione effettuate e quale difficoltà hanno comportato?

 

[LP]: Di fatto le attività extraveicolari che abbiamo effettuato erano talmente differenziate e distinguibili l’una dall’altra, che abbiamo potuto assegnare a ognuna di esse un nome. La prima è stata denominata “the opening act”, come l’atto iniziale di un’opera teatrale, poiché è stato proprio nel corso di questa attività che è stato aperto AMS, con l’obiettivo di accedere, tramite un punto individuato dai tecnici responsabili della costruzione del rivelatore, all’area in cui è stata successivamente sostituita la pompa. Per fare ciò è stato necessario smontare la componente protettiva dell’esperimento, che non era stata disegnata per interventi di questo tipo, poiché nessuna delle sue parti era captive, ovvero progettata per rimanere agganciata. Sebbene possa sembrare semplice, l’operazione è stata in realtà molto complessa, in quanto c’era un forte rischio di generare spazzatura spaziale potenzialmente molto dannosa. Sono oggi orgoglioso di dire che non ho perso neanche la più piccola rondella. La seconda EVA è stata quella più complessa, e per questa ragione è stata chiamata the “nail-biter”, per richiamare il fatto che sarebbe stato il momento più delicato – da “mangiarsi le unghie” –, durante il quale abbiamo tagliato i tubi del sistema di raffreddamento di AMS. Il nervosismo causato da questa operazione risiedeva nel fatto che tagliare il tubo sbagliato, tra gli otto presenti e posizionati uno sopra l’altro, avrebbe significato mettere fine all’esperienza. Anche questa fase si è conclusa con un successo, soprattutto per merito delle centinaia di ore di preparazione a terra. La terza EVA è stata battezzata “the money maker” e rappresentava il cuore della missione, poiché prevedeva l’installazione della nuova pompa e la sua integrazione con i sistemi di AMS, procedure mai svolte prima in orbita, in un ambiente microgravitazionale. La quarta attività extraveicolare, “the closing act”, in cui non tutto è andato come programmato, ha infine rappresentato la prova del nove. Nel corso di questo atto conclusivo abbiamo infatti verificato che tutte le giunture fossero a tenuta stagna, operazione che ci ha portato a intervenire per ben due volte su una di esse, per poi richiudere l’apparato e coprirlo con il materiale protettivo che scherma termicamente tutti gli esperimenti a bordo della ISS, il Multilayer Insulation.

 

[as]: Avendo condiviso con gli scienziati di AMS una buona parte del tuo addestramento, puoi raccontarci quale aspetto ti ha maggiormente colpito del lavoro che si svolge nell’ambito di questa collaborazione?

 

[LP]: L’esperienza con questa realtà scientifica mi fa ancora oggi riflettere sul fatto che, sebbene siano a tutti gli effetti strumenti privi di anima e della capacità di comprendere, gli esperimenti come AMS incarnino tutto l’entusiasmo e i duri anni di lavoro e di studio degli scienziati che li hanno realizzati. Nel periodo trascorso a contatto con questo mondo, sono perciò rimasto sorpreso, come sempre mi capita, dai modi in cui l’umanità sappia e possa esprimersi ai suoi livelli più alti, in questo particolare caso attraverso il suo ingegno, la sua curiosità e la sua volontà di scoprire, ma anche per mezzo della capacità di mettere da parte delle teorie per costruirne di nuove. 

 

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