Acceleratori in farmacia
Radiofarmaci per vedere e curare.
di Mauro Bonardi

a.
Corona di cristalli scintillatori che rivelano i fotoni di annichilazione nella Pet.
Fin dalla scoperta della radioattività, fu chiaro che gli isotopi radioattivi, ovvero i nuclei instabili che emettono particelle cariche e neutre, avrebbero trovato largo impiego in medicina sia a scopo di diagnosi che per la terapia. Questi, chiamati più propriamente radionuclidi, vengono infatti utilizzati oggigiorno per marcare composti chimici, denominati radiofarmaci, che somministrati al paziente consentono di visualizzare con immagini bidimensionali o tridimensionali diverse parti del corpo, organi e tessuti.
È possibile così identificare e diagnosticare precocemente patologie come tumori e sindromi degenerative del sistema nervoso centrale (morbi di Alzheimer e di Parkinson). Organi e cellule infatti sono dotati di recettori estremamente specifici per determinate forme molecolari, che vengono “catturate” (captate) anche se presenti nella cellula in concentrazioni molto basse. Negli anni più recenti l’ideazione di radiofarmaci, in grado di legarsi specificamente e selettivamente a tali recettori, ha consentito di studiare questo meccanismo di captazione e di visualizzare il funzionamento (metabolismo) della cellula a livello molecolare e talvolta anche in tempo reale. D’altra parte anche dopo l’individuazione delle patologie, può essere di grande efficacia la somministrazione al paziente di composti marcati con radionuclidi, che emettono particelle cariche energetiche (elettroni, positroni, alfa). Queste irraggiano in modo specifico e selettivo le cellule tumorali, risparmiando il tessuto sano circostante (radioterapia metabolica).
Solo nel Nord America, con un’utenza di 300 milioni di abitanti, vengono eseguite ogni anno 20 milioni di indagini radiodiagnostiche mediante radiofarmaci (escluse radiografie e Tac), mentre sono centinaia di migliaia all’anno i trattamenti di radioterapia metabolica.
Una caratteristica cruciale di un radiofarmaco è che in esso il radionuclide è presente in concentrazioni così basse da non avere alcun effetto chimico o farmacologico sulla cellula pur conservando la necessaria capacità di irraggiamento. Una separazione radiochimica così sofisticata dei radionuclidi è possibile anche grazie agli acceleratori di ioni leggeri, che producono i radiotraccianti, irraggiando gli elementi naturali. I fasci di ioni leggeri (protoni, deuteroni e alfa) di energia opportuna sono ottenibili con acceleratori compatti installati con costi relativamente contenuti presso ambienti ospedalieri e di ricerca applicata. I più noti radionuclidi per la Pet (Tomografia ad Emissione di Positroni), una delle tecniche di diagnosi che produce immagini tridimensionali o mappe dei processi funzionali del corpo, vengono prodotti mediante irraggiamento in ciclotrone. A questi ne va aggiunto un numero elevato, tuttora in fase di studio o sperimentazione.
b.
L’annichilazione dei positroni emessi dal radioisotopo produce due fotoni sulla stessa linea, rivelati da sistemi di rivelatori a scintillazione. L’analisi delle linee prodotte da tante annichilazioni, con software molto avanzati, permette la ricostruzione dell’immagine dell’organo in cui si trova il radioisotopo, di visualizzarne la funzionalità e fare diagnosi accurate.
Un’altra significativa classe di radionuclidi per radioterapia metabolica combinata con tecniche di imaging, come Spet e Pet, viene prodotta in un ciclotrone con metodi alternativi a quelli tradizionali basati sull’impiego di un reattore nucleare.
Tali radionuclidi sono normalmente emettitori di particelle cariche e sono progettati per attribuire una dose da radiazioni elevata alle cellule patologiche del paziente, risparmiando al contempo le cellule sane. Essi trovano avanzate applicazioni in radioterapia metabolica, se utilizzati per marcare radiofarmaci in grado di penetrare nel nucleo cellulare per danneggiare irreversibilmente il Dna delle cellule neoplastiche.
Negli ultimi decenni l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare ha finanziato ricerche di punta, che utilizzano metodiche innovative e avanzate di produzione di tali radionuclidi, processamento radiochimico e controllo analitico e radioanalitico di qualità.

Biografia
Mauro L. Bonardi è professore di Chimica e Radiochimica dell’Università di Milano e coordinatore di Gruppo V della sezione Infn di Milano. È stato responsabile di esperimenti Infn nel settore della produzione di radionuclidi con metodiche non convenzionali, per impieghi in tossicologia e biomedicina.

Link
http://lasa.mi.infn.it/  

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